“Costruire qualcosa di bello”. Giuseppe Iachini cammina con passo cauto e rispettoso, utilizza parole serene, equilibrate, allontana la paura e sposta l’attenzione. Era la fine del 2019 e la Fiorentina era una polveriera senza pace dove nulla era preoccupantemente cambiato dal frenetico caos che aveva accompagnato la campagna acquisti della scorsa estate e l’inizio della stagione. Anzi se possibile, il tutto era precipitato irrimediabilmente. Dopo i 4 schiaffi al Franchi contro la Roma, a Firenze era subentrata la paura più nera, quella che non solo ti porta a pensare che non farai bene ma che ti fa immaginare gli scenari più terribili.
Giuseppe Iachini decise di non parlare alla paura ma al futuro. Quel futuro che sembrava non dovergli appartenere.

L’opzione più logica ma non un nome “di grido”, il blasone capace di riempire i giornali, il “traghettatore perfetto, l’uomo a cui Firenze è legata da affetto sincero e per il quale Firenze rappresenta un sogno. Si è detto e scritto di tutto, ma l’impressione è che fondamentalmente ci si sia limitati a leggere il curriculum di Iachini e dire “mancano i trofei”, a pensare che la Fiorentina Made in USA del “fast, fast, fast” dovesse contare su un ideale Top allenatore difficile da convincere o da liberare a Gennaio. Beh, un bel rischio per Pradè! Appurati gli errori in fase operativa dell’ultima campagna acquisti,  sarebbe stato quantomeno clamoroso commettere anche un autogol in fase di programmazione.  Non giriamoci attorno, sicuramente Luciano Spalletti, per fare un nome, avrebbe ricevuto un’accoglienza mediatica diametralmente opposta, ma già a Dicembre, scrivemmo che pensare a Iachini come un Mister a tempo determinatissimo era il più grande errore che Firenze e la Fiorentina potessero fare.

Anche perché a non sentirsi in bilico era sicuramente lui… parla praticamente di tutto Iachini nella sua prima conferenza stampa, sottolinea con fermezza la sua volontà di scegliere Firenze nonostante gli si fossero prospettate altre possibilità, sicuramente meno blasonate ma anche meno complesse. Nella sua testa Firenze è come casa perché nel suo cuore, i fiorentini non hanno mai smesso di essere i “suoi” tifosi. Per far sì che il suo futuro si riempisse di cose belle, Beppe sapeva bene quanto necessario fosse guardare in faccia la realtà, l’adesso. Ecco, per il tecnico viola  la cosa più importante non è mai stata la classifica ma i suoi giocatori, gli uomini con cui affrontare la battaglia. “Ho telefonato a tutti i calciatori uno a uno per salutarli e dar loro un programma di lavoro, perché otto giorni di festa sono troppi. Ho manifestato la mia stima e la voglia di averli al più presto a disposizione e sono certo che ci saranno qualità e caratteristiche ancora inespresse. E’ un piacere avere in squadra un giocatore come Ribery. L’ho sentito telefonicamente, è un professionista serio e sono convinto che sia in campo che nello spogliatoio sia una risorsa per la Fiorentina....”

Ed è a loro che probabilmente Iachini deve la sua riconferma. I giocatori. I suoi giocatori. In fase decisionale il Club non ha potuto certo ignorare come lo spogliatoio viola fosse schierato, quella palpabile, palese, “sbadieratissima” e unanime volontà di tutti di far quadrato attorno a Iachini. Chiesa, Cutrone, Ribery, Terracciano… dai gesti di più spontaneo affetto, alle dichiarazioni ai media, la squadra di Iachini anche quando non ha espresso un calcio convincente è sempre stata unita. Unita e rinfrancata  dalle vittorie e sinceramente mortificata dopo ogni sconfitta.

Fin dal primo allenamento a Firenze, Iachini non voleva diventasse “un problema di tempi”. E’ il calcio che doveva rimanere al centro. La frenesia, l’ansia e la confusione sono “le cattive consigliere” che hanno portato il Club a vivere momenti non certo semplici. Il tecnico sapeva benissimo che quello ad avere maggiormente i minuti contati era lui ma allo stesso tempo sapeva di poter giocare in un ruolo fondamentale. Nessun ( presunto) traghettatore aveva mai avuto così tanto peso! Iachini infatti sapeva di poter pretendere da Daniele Pradè solerzia e precisione, sapeva poter dire la sua ed aspettarsi così un coinvolgimento reale nelle operazioni di mercato conclusesi a Gennaio. “Sono abituato a dover ripartire: quando si subentra bisogna capire da dove ripartire e da che lavoro iniziare. Devo creare i presupposti affinché il lavoro sia ancora più utile. Non so quante settimane ci vorranno, farò da subito le mie valutazioni”.

Nelle ultime settimane Iachini ai microfoni non ha abbandonato mai quella genuina educazione che ha fatto dire alla Curva Fiesole, “è uno di noi”. Addirittura a Roma riesce a spiegare l’arrabbiatura nei confronti del direttore di gara con serenità, anzi addirittura di scusa per la reazione avuta nell’immediato e glissa sulla pioggia di domande dallo studio di Sky Calcio Show riguardanti il suo futuro e quello della panchina della Fiorentina. Fa finta di niente anche quando all’unisono gli viene fatto notare come la squadra sia clamorosamente al suo fianco, tradendo un’emozione soltanto quando Marocchi gli dice “Sappiamo quanto tu tenga alla Fiorentina”. Tanto. Così tanto che siamo certi che questa squadra correrà, unita e determinata (speriamo anche un po’ più lucida in fase di conclusione) fino alla fine.
A chi lo accusa di eccessiva prudenza Iachini risponde semplicemente parlando di coerenza: giusto preparare la partita pensando alle caratteristiche dell’avversario ma immotivato rinnegare il proprio credo calcistico. E’ con quello che Iachini ha raggiunto una salvezza tranquilla questa stagione, con quello si è guadagnato la stima e la fiducia del gruppo e conseguito obiettivi importanti nella sua carriera. A questo punto insomma, poco importa se forse gli è valso un’etichetta difficile da staccarsi di dosso: non è un “nome di grido” ma su di lui Rocco Commisso avrebbe deciso  sulla base di quanto conosciuto.  Al bando dunque ogni improvvisazione e zelo. Fermato il primo obiettivo, superati i 41 punti, si gioca la conferma senza lazzi Iachini, rimanendo in linea con un disegno tattico che non sarà condiviso da tutti ma che gli appartiene. Una cosa è certa: guidare un gruppo costruito seguendo le sue direttive (un lusso che Iachini raramente ha avuto in carriera) e una preparazione studiata a monte, gli avrebbero dato certamente più opzioni. Ed ecco arrivato il suo momento. Tempo e strumenti lo attendono. Pradè di fatto lo attende. Se, come pare,  Montella non fu accontentato, diametralmente opposto dovrà essere adesso l’agire dei viola sul mercato. FIducia, affetto, spogliatoio. Importantissimi ma non bastano. E’ qui che Beppe vuole togliersi l’etichetta del “bravo ma non bravissimo” e sa bene che per quanto le idee siano importanti, servono anche gli uomini per eccellere.

Di nuovo buon lavoro Mister, picchia per Firenze. E con picchiare si intende non solo nella grinta e nel coraggio, ma anche nelle idee, nei concetti. Di che se ne dica, hai raccolto una squadra nella tempesta e l’hai riportata in porto sana, salva e addirittura in anticipo e poco importa se ne frattempo, mentre lo facevi, mentre prendevi le misure, è esplosa un’altra tormenta. La Fiorentina adesso più che mai necessita e merita un allenatore in grado di insistere sulla sua concezione di calcio, sereno senza essere fanatico, sul suo desiderio di lavorare al meglio, pretendendo collaborazione e unità di intenti, a costo di sembrare impopolare, di rimanere antipatico, di dire cose all’apparenza scontate ma concrete.