Abbiamo chiuso gli stadi quando probabilmente dovevamo fare un passo indietro molto più importante, rinunciando fin da subito alle partite stesse. Abbiamo pagato un sistema che ha avuto timore di far la voce grossa con i palazzi del calcio e che pur riempiendosi la bocca di belle parole ha tenuto conto degli enormi interessi economici legati a quel mondo e attorno ad essi ha cercato, goffamente, di costruire una soluzione ad hoc. Ecco adesso il mostro, da fastidiosa ma lontana psicosi si è accomodato negli spogliatoi di Serie A, e palesandosi in maniera così potente sotto i riflettori, ha finito col farsi percepire per quello che è realmente: un male silenzioso e beffardo dal quale nessuno è immune.

Icro Meattini di professione è medico, Professore Associato presso l’Università degli Studi di Firenze ed Oncologo Radioterapista presso l’Unità di Radioterapia diretta dal Professor Lorenzo Livi dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Careggi a Firenze. Non cammina nei reparti ospedalieri che i media hanno preso d’assalto nelle ultime due settimane, ossia quelli dedicati ad infezioni e pazienti critici, ma a sua volta è abituato ad avere quel passo leggero ma sicuro di chi fa slalom tra la sofferenza di uomini e donne per i quali conta solo una parola: speranza. Chi si occupa di oncologia non può utilizzare termini come “garanzia”, anzi deve vietarsi in modo perentorio di coniugare il verbo promettere alla prima persona singolare. Credo che certe professioni ti insegnino a dare un altro valore alla parola “speranza”. A lottare per questa anche nelle situazioni in cui ci si sente disarmati e scoperti… ecco, oggi il Professor Meattini ed i suoi colleghi, disarmati e scoperti si sentono un po’ più del solito. Perché c’è un virus che non ha trasformato solo la nostra realtà ma anche e soprattutto il loro luogo di lavoro, rappresentando una variabile impazzita che scombina il precario equilibrio in cui parole come “malattia”, “tumore”, “chemioterapia” ti costringono a vivere e lavorare.

“Stiamo cercando in primis di ridurre le persone che accedono contemporaneamente al nostro reparto. Non giriamoci attorno… gli oltre 600 casi registrati ad oggi in Toscana sono costantemente in aumento. Purtroppo, la costante che spaventa maggiormente è quella dell’incertezza. Non sappiamo con esattezza quello che potrebbe accadere, ci sono al riguardo pareri discordanti di eminenti esperti ma la peggiore delle ipotesi è ovviamente catastrofica e per essere pronti dobbiamo guardare negli occhi la realtà e prepararsi nel modo più deciso possibile a contrastare questo scenario.”

I sintomi di cui abbiamo sentito parlare ci sono stati presentati come quelli di una banale influenza che però può avere un decorso decisamente più pericoloso, soprattutto in pazienti con patologie concomitanti…

” Si tratta di una forma influenzale in grado di causare una polmonite interstiziale gravissima, ossia una condizione in cui gli alveoli polmonari non funzionano più come dovrebbero provocando una grave insufficienza respiratoria. Sfortunatamente per circa tre giorni un paziente che ha contratto questo virus non ha sintomi quindi non ha motivo di riguardarsi, di interrompere le sue normali abitudini o prendere accorgimenti… ”

Mi hai detto subito una frase che potrebbe essere un titolo: “Nessuno è immune…”

“Assolutamente no. Dobbiamo capire che il Corona Virus non è un virus che nel breve periodo puoi pensare di sconfiggere. Non si uccide il virus ma con i giusti accorgimenti, la ricerca e l’impegno di tutti noi, possiamo cercare di renderlo meno letale, diluendo il picco di incidenza della pandemia. Ovviamente dall’analisi dei dati e delle statistiche possiamo individuare una serie di soggetti a maggior rischio di complicazioni gravi come gli anziani, le persone che soffrono di obesità, quelli con patologie concomitanti gravi e meno gravi. Il vero problema è il rischio di collasso di un sistema sanitario che non può e non potrà mai sostenere i numeri che questa pandemia potrebbe generare nella peggiore delle ipotesi ”

Come collassa un sistema sanitario?

Vedi, la frase “Dovremo scegliere chi curare” non è una semplice provocazione ma una prospettiva possibile nel caso in cui non si percorra una strategia efficace. Circa il 50% delle persone con tampone positivo è attualmente a casa sottoposta ad una stretta sorveglianza. L’altra metà dei casi positivi è invece ricoverata in ospedale, in reparti con diversa intensità di cure, di cui circa un 10% è costretto ad una degenza di settimane in terapia intensiva. La Toscana, nonostante sia assieme all’Emilia Romagna una delle regioni più virtuose a livello italiano riguardo la sanità pubblica, non potrebbe essere in grado di sostenere questi numeri nel caso di una diffusione massiva e repentina del virus. L’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, grazie alla tempestiva ricezione delle raccomandazioni nazionali e regionali, ha infatti provveduto a rimodulare con grande reattività i nostri reparti, aumentando rapidamente la disponibilità di letti di terapia intensiva. Certo 30 anni di tagli alla sanità pubblica italiana non sono stati certo un toccasana, ed i momenti di criticità sono quelli in cui il problema si palesa.

Cosa accadrebbe ai pazienti oncologici?

“Se il virus entrasse nei reparti con pazienti oncologici sarebbe verosimilmente una catastrofe ed è per questo che abbiamo già preso misure di precauzione riducendo gli accessi di personale e pazienti presso le nostre strutture di ambulatorio, trattamenti radioterapici e chemioterapici, mantenendo le terapie essenziali, introducendo dispositivi di prevenzione e riduzione della trasmissione del virus. Ad oggi le statistiche ci dicono che il tasso di mortalità tra i pazienti ricoverati in terapia intensiva per aver contratto il Covid è del 3-5%. Ma per pazienti potenzialmente immunodepressi i numeri potrebbero essere significativamente più alti, e non ce lo possiamo proprio permettere. ”

I colleghi della Lombardia sono praticamente in ginocchio…

” Esprimo tutta la massima solidarietà ai Colleghi del Nord Italia attualmente in prima linea. Non dimentichiamoci che gli operatori sanitari che hanno contratto il corona virus rappresentano circa il 10% del totale: certo, ora come ora siamo la categoria professionale esposta ai rischi maggiori, come è giusto che sia, ma potremmo essere i primi untori nelle nostre famiglie, necessitiamo quindi di una elevata tutela. Molti professionisti inoltre sono stati addestrati rapidamente e destinati unicamente all’emergenza Covid” .

Parlare di tempistiche quindi, oltre che prematuro è quindi decisamente impossibile…

“Sicuramente si. Capisco la voglia di tornare alla normalità, la frenesia di vedere la luce ma c’è da essere realisti e prudenti. In caso contrario i sacrifici che stiamo facendo adesso non sarebbero serviti a nulla. L’Italia ha preso la decisione di seguire l’esempio della Cina, che di fatto ha fornito conoscenze, studi, dati e ricerche sulla questione, e da cui abbiamo solamente da imparare. In queste tre settimane la priorità sarà ovviamente rallentare la diffusione del contagio e valutare se vi sarà una flessione dei casi. Ricordiamoci che nell’eventualità migliore, ossia se registrassimo un rallentamento dell’espansione del virus, sarà assolutamente vietato mollare, scrollarsi di dosso ogni responsabilità e pensare che sia possibile tornare nell’immediato alla quotidianità. Anzi, sarà quello il momento in cui non abbassare la guardia. Basti pensare quanto caro è costato sottovalutare il virus in Paesi in cui si è accostato il Covid a comuni influenze o polmoniti. “

Il primo provvedimento che ha colpito come uno schiaffo il nostro Paese è stata sicuramente la chiusura delle scuole, una mossa per la quale il Governo che non è stato certo esente da critiche…

“Vi è effettivamente incertezza sul manifestarsi del Covid19 nei bambini poiché spesso risultano non avere sintomi gravi, limitandosi a fare il decorso di un’influenza. Certo è che pur non manifestandosi il virus può utilizzare i bambini come veicolo di diffusione. Da professionista, ed in considerazione dell’eccezionalità dell’evento, ritengo che sia importante sostenere in questo delicato momento le azioni del nostro Governo e della nostra Regione, esimendosi da facili strumentalizzazioni da parte della politica. “

Dopo qualche settimana piuttosto complicata per l’Italia anche a livello di reputazione, sembra che anche il resto d’Europa abbia aperto gli occhi sul problema…

“Ogni Paese Europeo e mondiale – da quando è stato dichiarato lo stato di pandemia – decidere le opportune precauzioni da seguire. Sicuramente stiamo assistendo ad una pericolosa etereogeneità di misure adottate, che potrebbe vanificare gli sforzi fatti nei singoli paesi. Di fatto è un mondo globalizzato, che non ha confini. Pensare il contrario potrebbe rappresentare una imperdonabile leggerezza. “

Certo sentir parlare di “immunità di gregge” riguardo un virus per il quale non esiste un vaccino, immagino avrà lasciato piuttosto interdetti voi medici…

“Purtroppo, la decisione di paesi come la Gran Bretagna sembra seguire una strategia totalmente opposta a quella di paesi come l’Italia, la Cina e la Corea del Sud. Parlare di immunità di gregge laddove non vi sia disponibile un vaccino e delle cure dedicate potrebbe rappresentare un grosso rischio. Ma le evidenze attualmente non possono evidenziare la migliore strategia. Di fatto io al momento seguo pedissequamente e con fiducia le indicazioni del nostro Paese basate sulle raccomandazioni di un consiglio scientifico di grande livello. “

 

Riguardo le virtù del sistema sanitario italiano avrei da farti una domanda sul costo dei tamponi viste le notizie uscite relativamente agli Stati Uniti…

Riguardo al costo dei tamponi che si aggira attorno ai 3.000 dollari? Tutto vero, ma il costo è il medesimo in tutto il mondo. La differenza sta nel tipo di sistema sanitario. La sanità italiana e toscana fortunatamente è ancora perlopiù pubblica, il che non significa che è gratuita, ma che è in grado di garantire l’assistenza opportuna alla nostra popolazione senza la necessità di coperture private o assicurative. Ricordiamocene quanto tutto questo sarà finito, prima di lamentarsi del servizio pubblico. Dal momento che non è tecnicamente sostenibile la verifica del tampone di tutta la popolazione, abbiamo dei protocolli specifici per l’esecuzione del tampone nei casi sospetti che devono essere pedissequamente osservati, nell’ottica di ottimizzare la sostenibilità del sistema sanitario. Al momento il concetto da stressare è che la malattia si può diffondere anche con tampone ancora negativo ed in assenza di sintomi, quindi la misura più efficace è rimanere a casa, se non per necessità lavorative non procrastinabili o sanitarie.

Nel giro di 24 ore la Fiorentina ha reso noto che Patrick Cutrone, German Pezzella, Dusan Vlahovic e il fisioterapista Stefano Dainelli sono risultati positivi al tampone. Notizia che arriva dopo i comunicati di Juventus e Sampdoria riguardanti Rugani e Gabbiadini. Di fatto scendere in campo Domenica scorsa è stato un rischio gratuito…

” Partiamo dal presupposto che c’è grande incertezza a livello altamente specialistico sanitario su quale sia la miglior strategia da percorrere, immaginiamoci a livello sportivo o politico. Temo solo che vi sia stata la vana speranza che alcune categorie professionali, come i calciatori ad esempio, potessero essere immuni dal problema, che invece si è palesato in modo immediato e diffuso a tutti i livelli. “

Oltre a richiamare il buon senso e allontanare qualsiasi forma di egoismo, possiamo dire ancora qualcosa?

Voglio ricordare che l’ultima cosa da fare in caso di febbre e sintomi respiratori è andare al pronto soccorso: sembra una banalità visto che siamo bombardati da questo messaggio ma non diamo niente per scontato per adesso e per il futuro. Esiste un numero telefonico dedicato da chiamare, non andate al pronto soccorso (numero verde regionale 800 55 60 60; numero di pubblica utilità 1500). E poi ci terrei davvero a dire che nei nostri ospedali c’è carenza di sangue. Per tutti i donatori sono previsti ovviamente percorsi sicuri di accesso, quindi chi può doni!

Ecco, immaginate di aver studiato e lavorato una vita intera per dar speranza ai pazienti di un reparto al quale non si può promettere niente che il massimo del nostro impegno e dedizione. E immaginate che un virus sia alla porta di quel reparto, pronto ad entrare ed aumentare la letalità. Credo che rimanere a casa non sarebbe l’ipotesi più spaventosa…