Per 13 minuti Fiorentina – Genoa è stata una partita dove gli uomini di Iachini sono stati il prototipo perfetto delle richieste del proprio allenatore. Una squadra che mangia il campo, macina metri e cerca soluzioni: manca solo l’ultima zampata, la conclusione perfetta sotto porta, lo scatto in posizione regolare al limite del fuorigioco. E mentre la Fiorentina inventa finisce col distrarsi, non col piacersi troppo per carità, ma col pensare che Genoa sia solo lì ad attenderla. Nicola prepara praticamente la partita mettendo i suoi a specchio, gioco più speculare il Grifone proprio non poteva farlo, fatto sta che al primo sbandamento della Fiorentina, Pezzella sbaglia clamorosamente la decisione da prendere, il tempo di intervento e la mano di Orsato che non estrae il giallo indica, impietosa, il dischetto.

Dragoswki è un portiere che Firenze sta ancora conoscendo. Difficile brillare dopo un inizio di campionato del genere, ma molto più complicato è imporsi nel momento della risalita, perché si sa, tenere in nervi saldi quando sei solo tra pali è ancora più difficile. A Napoli è chiamato in causa una volta ma quella volta è determinante, contro il Genoa è praticamente insuperabile. Tra i pali, in uscita e anche con Criscito che cerca di trafiggerlo dagli undici metri. Non si passa. Il tempo dell’attesa è finito, Dragowski e Firenze adesso sono qualcosa in più di semplici conoscenti… e si piacciono proprio molto.

Il numero uno polacco fa il miracolo, respinge i fantasmi e addirittura fornisce alla Fiorentina lo spunto giusto per ripartire in velocità, per bucare un Genoa sbilanciato. Un miracolo che però non cancella la crepa che si fa fastidiosamente spazio nella mente dei giocatori. La Fiorentina ha paura, sente forte e chiaro risalire quel sentimento di nera precarietà e impercettibilmente si blocca. Padrona del campo, mai in affanno ma con la testa leggermente frenata. Non si accontenta, Iachini non lo permetterebbe, ma la prudenza è una scelta che seppur assennata ha una peso specifico nell’economia del match. E’ una vittoria mancata è vero, 3 punti avrebbero messo un mattone importante nello spirito di un gruppo ritrovato in carattere e prestazioni (vedi Lirola…) ma prima di tutto questa squadra aveva il bisogno di non farsi male. Di non restare vittima della “dura legge del goal”.

Siamo delusi ma è importante non dimenticarci chi eravamo. Da dove veniamo. Questo Fiorentina – Genoa, questo pareggio, questa partita in cui i viola non subiscono goal non parla soltanto di un punto che va decisamente stretto ma anche di una reazione a quella paura che in un passato recentissimo ha fatto affogare la squadra di Montella e che anche ieri, avrebbe potuto paralizzare le gambe e la mente di un gruppo che invece sembra aver trovato i mezzi, tecnici e caratteriali, per reagire.

La Fiorentina di Iachini è una squadra che lavora, che non si è fermata dopo Napoli e che adesso più che mai è stimolata, punta nel vivo, per migliorare e meritarsi la vicinanza di una città che continua a rispondere presente. Non ha più paura la Fiorentina e se dopo quel rigore parato da Dragowski i fantasmi del passato si sono riaffacciati prepotenti, è importantissimo averli riconosciuti, affrontati e adesso, lavorare ancora più forte per dimenticarli.

Nella notte in cui Firenze saluta Narciso Parigi, cuore viola per sempre e adesso in un posto speciale a cantare la sua “Canzone Viola”, la Fiorentina si prepara ad affrontare un ciclo di partite di ferro, un tritacarne calcistico dal quale possiamo uscire interi non tanti per i mezzi tecnici (la squadra è assolutamente migliorabile, adesso Pradè deve veramente accorciare i tempi e dare a Iachini alternative di livello!) ma per compattezza, coraggio e cultura del sacrificio. La Fiorentina ha bisogno di continuità, tempo e rinforzi ma per la prima volta dopo tanto tempo si ha la percezione di aver finalmente trovato una base credibile e convincente per costruire il futuro. Finalmente senza paura.