Il volto contrito della mortificazione, la certezza di aver fortemente compromesso un percorso fino a quel momento perfetto. Eppure la strategia di Prandelli ancora una volta era logica, giusta. Prima i giovani, con la loro sfacciataggine ed emotività con il loro carico di sogni ed incolpevole inesperienza. Ma Kuzmanovic e Montolivo ormai sono in ballo da troppi mesi, non sanno quanto pesa quel pallone perché nemmeno se lo domandano e dagli 11 metri non sbagliano.

Dopo i primi due round i rigoristi disegnati sono Liverani e Christian Vieri. E chi se non loro? Ti trovi lì in una semifinale europea, ad un passo dal sogno, dalla sfida contro finale uno Zenith San Pietroburgo stupefacente ma destinato ad essere una meteora russa destinata a scomparire in fretta dall’Olimpo dei grandi. Ti trovi lì e non puoi che affidarti a giocatori freddi, esperti, diversi tecnicamente e fisicamente ma simili nelle approccio a quei rigori pesantissimi. Sono loro che non devono sbagliare, che devono consegnare all’invincibile Adrian la palla della gloria. Lui no che non sbaglia. In questa folle corsa europea dal dischetto ha tirato in mille modi diversi, addirittura contro il Groningen ha provato il “cucchiaio”, figurati se sbaglia adesso. Beh, non lo sapremo mai.

Il rigore di Liverani ha in sé tutte le belle qualità del giocatore ma anche i suoi difetti, i suoi limiti. Preciso, angolato ma troppo, troppo, troppo lento. Il portiere dei Rangers intuisce l’angolo e riesce a non farsi piegare la mano. Il sogno viola in Europa League termina di li a pochi minuti, si infrange all’Artemio Franchi dopo 210 minuti in cui la Fiorentina costruisce tantissimo e spreca ancora di più. Di lì a pochi giorni terminerà anche l’avventura in viola di Fabio Liverani, una storia assolutamente importante durata due anni e capace di far crescere meccanismi di una Fiorentina prima travolta dai -19 punti del post Calciopoli e poi proiettata in un campionato impegnativo e difficile che si concluse con il ritorno in Champions League della Fiorentina.

Non in quel rigore ma sicuramente in quella squadra Liverani portò il meglio di sé stesso nonostante l’anagrafe dicesse che il meglio forse era passato. Geometrie, lucidità intelligenza tattica e generosità nel fare quello che probabilmente molti calciatori non hanno mai fatto: insegnare ad un collega più giovane. Liverani non è Pizzarro ma a Montolivo regala insegnamenti preziosi. Gli è superiore nella tecnica e nella visione di gioco. E così gli resterà.

Il Liverani allenatore rispecchia molto il giocatore. Vuole una squadra capace di giocare a calcio, non rinunciataria, propositiva anche quando ha davanti compagini migliori. Si ispira ai suoi maestri, Prandelli e Cosmi, predilige un 4-3-1-2 che affida agli interpreti più giusti e che gli è valso un piccolo record, ossia la media punti di 1,95 nelle stagioni di C e B. Umile, determinato e silenzioso, Liverani anche dopo la sconfitta contro il Cagliari si è detto fiero dei suoi uomini e della loro prestazione e certo che questa squadra ha tutte le carte in regola per non retrocedere il prossimo anno. Una cosa è certa: le idee pare averle molto più chiare di Montella.