Gli esperti in materia di logica e attività cerebrale affermano che il ricordo è uno dei territori più ingannevoli e misteriosi che esistano: il motivo? Intanto c’è da dire che ricordare è diverso dal memorizzare. Nel ricordo molto spesso la nostra mente corre slegata dai vincoli che normalmente gli derivano da coerenza e logica, si addentra in stanze dove ragioniamo con le parole, ricordiamo con le immagini e riusciamo a percepire le emozioni.

In quel 26 Settembre 1998 non c’è logica: un Milan fortissimo, in un San Siro pieno e appassionato viene strapazzato dal primo all’ultimo minuto da una Fiorentina organizzata e con grandi ambizioni ma sulla quale nessuno avrebbe scommesso. Non c’è logica ma c’è coerenza: infatti i gol viola gli fa tutti Batistuta. 
Le immagini in realtà sono moltissime… ad imperversare c’è il destro potente dell’argentino che fa saltare Lehman come un grillo, lo rende impotente e goffo, facile preda dello scherno dei critici che stroncarono oltremodo le doti di un portiere certamente migliore rispetto a quanto dimostrato in Italia. C’è la mitraglia. Anzi ce ne sono esattamente tre, inno di battaglia di una squadra che perse la testa della classifica quando perse il suo condottiero.

Esercitare la memoria è senz’altro un azzardo se nei propri ricordi c’è Batistuta. Si rischia infatti di scivolare nell’ancor più pericoloso terreno dell‘illusione. Montella lo sa bene, perchè pensando a Milano, per lui la percezione può essere quella del grande successo o del bruciante fallimento: da avversario Vincenzo Montella ha dominato San Siro. Ha preso i riflettori e gli ha piantati sulla sua idea di calcio, sulle doti della sua squadra, sull’organizzazione e la compattezza di quella splendida Fiorentina del 2012 che dalle proprie ceneri risorse nell’abito più bello.

Purtroppo alla fine di quella stagione non bastò essere stati più bravi, più belli e più meritevoli per agguantare la qualificazione in Champions League. Quando la Fiorentina di Montella tornò a San Siro la stagione successiva capì quindi che oltre ad essere la più divertente e la più propositiva doveva essere la più arrabbiata. Due a zero. Un missile di Vargas, un inserimento puntuale di Borja Valero dopo il cross col contagiri (con annesso dribbling) di Joaquin.

Sono proprio l’organizzazione, la propensione al bel gioco, lo spirito tattico identitario del progetto tattico di Montella a spingere il Milan a pensare a lui come l’uomo giusto per una ricostruzione che sarebbe culminata l’anno successivo in uno degli anni più misteriosi della storia societaria rossonera. Con l’eco di un passaggio di proprietà sempre più imminente Montella si ritrova ad essere in pochissimo tempo una sorta di scomodo “guastafeste”, un precario temporaneo in attesa del “si” di Conte, il clamoroso ritorno di Ancelotti o addirittura il roboante arrivo di Klopp. Fatto sta che in una campagna acquisti costosa, tatticamente improbabile ma strombazzatissima l’unico colpo reale lo fa proprio il tecnico rossonero che convince Donnarumma a firmare il rinnovo di contratto con il Milan. Considerato come sono cambiate le stime dei giocatori rossoneri acquistati nell’era “lampo” Mirabelli-Fassone, diciamo che il Milan a Montella deve certamente qualcosa.

Questa sera soltanto una cosa è importante: vincere. E per vincere la Fiorentina dovrà trovare nella sua anima e nelle sue gambe l’organizzazione del 2012, la rabbia del 2013 e l’esperienza, il talento e la “fame agonistica” propria delle squadre guidate da un grande leader in campo. Sono passati 21 anni esatti da quei 90 minuti di San Siro… e anche se il ricordo è più che mai nitido abbiamo voglia di allargare i confini della nostra memoria con successi che ci spingano a guardare soltanto avanti.