Per capire un Paese come il Giappone il viaggio è uno strumento indispensabile: per viaggio non si intende soltanto la possibilità di raggiungere fisicamente l’altra parte del Mondo, bensì la capacità di immergersi totalmente in una realtà che in moltissimi aspetti differisce dalla nostra, anzi lo fa in modo così potente da aprire nella nostra percezione del comune, del quotidiano nuovi orizzonti.

In Giappone tutto segue un ordine gerarchico. Per un Occidentale probabilmente molti dei passaggi che regolano il sistema nipponico potranno essere percepiti come un’irrazionale perdita di tempo. Dobbiamo però lasciarci attraversare dal viaggio.
E così che Marco Turchetto si è approcciato al Giappone. Con studio e metodo: non lasciando niente al caso, andando per gradi, partendo e rientrando, prendendosi il tempo per conoscerne i luoghi e le stagioni. Rispettandone i momenti.

Di questo e di molto altro abbiamo parlato con il giornalista, scrittore, fotografo ed ex rugbista Marco Turchetto. Lo raggiungiamo telefonicamente ad una manciata di ore dalla sua partenza per il Giappone dove tornerà per giocare e per ammirare chi gioca. Per immergersi ancora una volta in una realtà affascinante e lontana che per quasi 50 giorni sarà il centro del Mondo per tutti gli appassionati della palla ovale. Macchina fotografica alla mano ovviamente!

 

  • Dall’esperienza lavorativa e umana della World Cup del 2007 è nato il progetto editoriale Rugby LOVE.

Nel 2007 in occasione del Mondiale di Rugby disputatosi in Francia dove ero inviato per la Federazione Internazionale IRB mi fu offerta l’occasione di raccontare il rugby in modo totalmente inedito. Ho tratto ispirazione da quell’esperienza per pubblicare Rugby Love, un racconto fotografico dove volevo si percepisse non soltanto l’amore per questo sport direttamente legato al campo, alla partita, ma a tutto ciò che si connette a questo sport, agli atteggiamenti, alle tradizioni e ai sentimenti che uniscono tutti i tifosi e appassionati. Da questa riflessione è nata l’idea editoriale di Rugby Life, scritto con Paolo Wilhelm.

  • Una vera e propria guida per il tifoso….

Con “Rugby Life” abbiamo voluto raccontare i posti più genuinamente ovali che caratterizzavano le 11 città che nel 2015 hanno ospitato la Rugby World Cup 2015. Una piccola guida per i tanti tifosi che si recavano in Inghilterra e che nel mese del Mondiale avrebbero riempito gioiosamente le strade di Londra, Brighton, Milton Keynes, Manchester, Leeds, Leicester, Newcastle, Gloucester, Exeter, Birminghan e Cardiff città più o meno popolari che abbiamo voluto esaminare attraverso la “lente del rugby”.

 

  • E arriviamo a “Rugby Banzai”: un’idea che si è sviluppata attraverso un lavoro molto complesso di ricerca e preparazione….

“Rugby Banzai” è appunto il frutto di un “viaggio” iniziato oltre 10 anni fa…. dopo “Rugby Love” e “Rugby Life”, ho pensato che una realtà come quella nipponica richiedesse un’approccio particolare. Così dopo aver frequentato un corso di lingua Giapponese (un utile ACB di sopravvivenza che mi è stato indispensabile per attraversare le zone rurali dove non si parla assolutamente l’inglese) dal 2017 ho organizzato due viaggi all’anno della durata di un mese che come meta avevano il Giappone. Un itinerario che si snodava attraverso le varie zone geografiche del Paese e che mi dava modo di visitare tutte le città che avrebbero ospitato la Coppa del Mondo. Ho voluto vedere il Giappone in tutte le stagioni, chiudendo la mia esperienza con la regione del Nord dove in inverno la temperatura tocca i -13 gradi. “Rugby Banzai” è una guida a chi ama il rugby, il viaggio e la scoperta: con la mia casa editrice abbiamo pensato che la soluzione migliore fosse quella di scegliere per “Rugby Banzai” la versione digitale: un e-book gratuito fruibile, facile da consultare magari proprio prima di una partita!

 

  • Nella sua prefazione a “Rugby Banzai” il giornalista Paolo Wilhelm punta il focus sul rapporto tra il Giappone e il rugby, uno sport nato nato nei college britannici e diffusosi in Giappone fin dalla metà dell’Ottocento. Negli ultimi anni la passione verso questa disciplina è sensibilmente cresciuta, un incremento al quale il Mondiale sicuramente contribuirà. Come ci racconteresti più nel dettaglio il rapporto tra giapponesi e rugby?

In Giappone ci sono realtà dove il rugby è non solo lo sport cittadino ma motivo d’orgoglio. A Tokyo giocano ben 7 squadre, la finale del Campionato Universitario della scorsa stagione ha portato allo stadio ben 24.000 tifosi: tutti coloratissimi, educati ed entusiasti. Il rugby universitario è estremamente radicato nella tradizione giapponese,  il record di presenze allo stadio è infatti detenuto da un match universitario e non da un test internazionale della selezione nipponica. Kamaishi è una cittadina che poggia sulle 4 baie sull’Oceano e che dal 2011 sta attraversando il processo di ricostruzione necessario dopo lo tsunami che ha devastato il territorio. Questa cittadina è celebre in tutto il Giappone per le miniere di ferro, ovviamente al centro dell’economia del luogo, e per il rugby: Questa è la città storica del rugby giapponese, qui i gadget a tema sono praticamente venduti ovunque. In Asia la Nazionale del Sole Levante ha ovviamente una struttura, una preparazione e una cultura superiore alle avversarie: la clamorosa vittoria ottenuta nel 2015 contro il Sud Africa ha acceso gli entusiasmi di tutti i giapponesi! Certo ci si aspettava probabilmente un percorso di crescita più costante negli ultimi anni, un’evoluzione capace di colmare il gap qualitativo con le squadre di prima fascia che non è totalmente avvenuta.

  • Un Paese che si farà trovare pronto per i grandi appuntamenti del 2019 e del 2020 in efficienza e strutture?

Per quel che riguarda il marketing e la promozione il Giappone è un Paese assolutamente entusiasta ma che si proietta a vivere questi la World Cup di Rugby e le Olimpiadi in un modo coerente a quella che è la sua dimensione, a volte molto diversa da quella Occidentale. In Europa abbiamo una capacità gestionale più immediata, un maggior dinamismo riguardo le esigenze che un grande evento ovviamente porta con sé: in Giappone vige una gerarchia fortissima, non vi è grande elasticità nell’agire, tutto deve passare attraverso step ben definiti. Per fare un esempio, sotto il punto di vista delle strutture credo che il Giappone debba adeguarsi ad alcuni standard riguardanti le dimensioni delle camere degli hotel e la loro adeguatezza rispetto alle esigenze dei diversamente abili. Non dimentichiamoci che nel 2020 Tokyo ospiterà anche i Giochi Paralimpici, un appuntamento per il quale dovranno essere ripensati anche i servizi di trasporto verso gli impianti.

 

  • Italia e Coppa del Mondo. Il passaggio del primo turno appare come un sogno proibito. Vorrei avere una tua ideale “fotografia” sull’attuale situazione degli Azzurri, partendo magari da quello che si è visto nei test match pre Mondiale.

Credo che i test match pre Mondiale siano soprattutto degli allenamenti a porte aperte. Una serie di impegni preparatori fondamentali per preparare al meglio un appuntamento importante come la Coppa del Mondo: l’Italia è una squadra la cui consistenza è in netto divenire: siamo una Nazionale assolutamente superiore a tutte le squadre di seconda fascia ma i nostri limiti si palesano quando si alza l’asticella. Abbiamo giocatori molto giovani decisamente promettenti che sono certo andranno a formare la struttura portante di un progetto tecnico che in futuro potrà fare bene con continuità. Le avversarie che l’Italia si troverà davanti sono molto forti: la Nuova Zelanda è una squadra che non ha bisogno di presentazioni, stesso discorso vale per il Sud Africa che non mi stupirei finisse addirittura col vincere il Mondiale. Abbiamo però i mezzi, la tradizione e la preparazione per battere Namibia e Canada.

 

  • Giocare, scrivere, fotografare. Tre modi di vivere lo sport completamente diversi ma complementari. Con quale occhio scegli di raccontare il rugby?

Un punto di vista che sicuramente tiene conto della componente emotiva propria dello sport. Ho giocato a rugby per molti anni, amo tantissimo questo sport in tutte le sue sfaccettature, anche quella prettamente tecnica quindi, ma credo di non avere le competenze e il giusto “trasporto” per poterne scrivere con qualità. Adoro l’approfondimento, l’analisi di tutto quello che al rugby si lega: la partita è importantissima ma non è tutto. E’ il culmine di un processo lungo, faticoso ed eccitante e l’inizio di un altro altrettanto avvincente: quello che scrivo mi rispecchia totalmente non solo nella forma ma anche nei contenuti. Nella mia collaborazione con Panorama, sul mio blog ( www.rugbytoitaly.com ) e nei miei libri ho avuto l’occasione di toccare temi interessanti magari direttamente connessi con altri mondi come i viaggi, la medicina, la cultura… Tutti “universi” comunque legati a doppio filo con il rugby e con chi questo sport lo ama, lo pratica e lo vive quotidianamente.