Fine della corsa. La formula scelta da Inter e Fiorentina è quella del prestito ma siamo certi che, a prescindere dalle prestazioni in maglia nerazzurra, Cristiano Biraghi non tornerà più a vestire i colori viola. E come potrebbe? L’avventura di Biraghi con la Fiorentina in pratica si interrompe ma guardando in faccia la realtà questa è una chiusura definitiva. Un addio del genere non contempla un ritorno, Firenze non lo accetterebbe mai. 

Invitante l’offerta di un quinquennale a 2 milioni netti a stagione con annessa possibilità di giocare la Champions, lusinghiera la chiamata di Conte, intrigante ma opinabile lo scenario di tornare pagato e peso d’oro proprio dove ti hanno scartato come l’ultimo dei rincalzi. Una scelta professionale e umana che sinceramente non fa strappare i capelli, anzi deleterio sarebbe stato trattenere un giocatore che non crede nel nuovo progetto tecnico e societario della Fiorentina proprio adesso.

Tra i giocatori della gestione tecnica di Pioli capaci di intraprendere un convincente percorso di crescita vi è stato sicuramente Cristiano Biraghi che nell’estate 2017 altro non rappresentava che un rincalzo last minute ai quali giornali e tv non dedicarono certo molto tempo. I più critici fecero subito notare come il terzino provenisse da una delle difese, quella del Pescara appena retrocesso, maggiormente messe in difficoltà della stagione (81 goal subiti!), sottolineando come al giocatore mancassero fondamentalmente due qualità importanti: continuità ed esperienza in massima Serie.

La mancanza di continuità è un aspetto che il giocatore stesso accusa molto, anzi spesso ha sottolineato che la sua determinazione a far bene con la Fiorentina fosse legata ad una motivazione che ad altri colleghi mancava: il desiderio di “appartenere ad un progetto”. Dal punto di vista umano I tifosi gigliati di lui hanno imparato ad apprezzare due importanti qualità che per uno sportivo sono fondamentali per migliorarsi: umiltà e senso di responsabilità, la rara capacità di metterci la faccia. Beh, fino a questo momento quando di fatto a dichiarare la sua volontà di andare all’Inter sono stati Antognoni, Pradè e indirettamente anche Montella.

Nel Febbraio 2018 contro il Chievo con una conclusione dalla distanza bellissima arriva il suo primo goal in maglia viola: l’assist è di Davide Astori che proprio al compagno di reparto farà con quel passaggio l’ultimo regalo sul campo. In quel drammatico periodo, quando le prestazioni della Fiorentina crebbero in modo esponenziale, Biraghi risente positivamente della nuova organizzazione tattica della squadra, trovando una serenità determinante per migliorare le fasi in cui di fatto faticava di più, provando a sviluppare alcuni colpi che potenzialmente potrebbe avere, come i calci piazzati.

La sua evoluzione con la Fiorentina è notata in primis da Roberto Mancini che da Settembre 2018 lo inserisce in pianta stabile nelle convocazioni con la Nazionale. A storcere il naso è invece Pantaleo Corvino quando vengono pubblicate alcune strane dichiarazioni del procuratore del giocatore, Mario Giuffredi. “Proverei a mandarlo al Milan se il giocatore dovesse chiederlo”, “Trattiamo il rinnovo ma l’Inter lo stima molto”, sono frasi che il direttore sportivo viola non gradisce molto (e nemmeno la piazza!) e che inevitabilmente portano Corvino al contrattacco. “L’arma scelta” è una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport dove fondamentalmente viene ribadita la volontà della società nel trattare i rinnovi con i suoi giocatori più rappresentativi ma anche la fermezza del Club nel non sopportare comportamenti poco chiari.

Nella stagione 2018/19, con il passare delle domeniche inutile nascondere che le prestazioni di Biraghi hanno subito un progressivo calo. Anzi, analizzando attentamente alcune situazioni di gioco che si sono venute a creare, il problema principale è stata una brusca frenata nei miglioramenti. In fase offensiva il giocatore non demerita, anzi con le sue sovrapposizioni permette alla Fiorentina di aprire varchi importantissimi per i suoi esterni. Ma in ripiegamento che fatica! Quando Biraghi si trova davanti non un centrocampista ma un giocatore con spiccate caratteristiche offensive come Gomez, Kluivert o Lazzari, per fare alcuni esempi concreti, le difficoltà aumentano in modo esponenziale. Una pressione costante sulla sua fascia sbilancia la Fiorentina che “imbarca acqua” e perde lucidità.

Il finale di stagione è totalmente in linea con le prestazioni della squadra ossia al limite del ridicolo: Biraghi sembra provare a trascinare il gruppo almeno a parole, cerca l’appoggio della piazza  ammettendo le difficoltà della Fiorentina e sapendo che una città come questa merita di più. I mezzi però mancano e con il venir meno della serenità anche i colpi più elementari diventano prodezze.

Per gli idealisti del calcio è un finale piuttosto grigio. L’ultimo ricordo che lascia ai suoi ex tifosi è legato alla mortificante serie di cross horror contro il Genoa e ad un addio comunicato dalla dirigenza viola ancor prima che la trattativa fosse concretamente avviata (le parole di Pradè dopo Fiorentina-Monza furono chiare: “Vuole andare all’Inter ma la volontà deve essere anche la nostra. Bisogna vedere come e se si farà l’operazione….”)

A Dalbert il compito di non far rimpiangere Cristiano Biraghi e di riscattare un avvio in Italia sicuramente al di sotto delle sue possibilità.