Franck Ribery è un calciatore. Ossia è uno di quegli uomini per i quali dividere totalmente la dimensione professionale da quella personale è difficile.Lo si capisce ogni volta che nel corso della conferenza stampa ricorda come il calcio sia stato e sia la sua vita.

Il calcio per Ribery è un “luogo” speciale. E’ una stanza in cui tutte le difficoltà con cui ha dovuto fare i conti fin da piccolissimo non esistono e soprattutto non ti qualificano. Il calcio lo ha aiutato negli anni ad avere una visione chiara del mondo, di quello che voleva e di chi era. Dopo l’infortunio di Gennaio ha capito che per il bene del suo Bayern era giusto mettersi da parte ma era altrettanto giusto valutare con serenità la propria condizione fisica e mentale. No, non era finita. Rimanere al Bayern non sarebbe stato un umiliante insistere, un imporre la propria presenza, ma probabilmente Ribery ha letto quell’infortunio come un segnale. C’è una nuova sfida Franck.

Niente pensione d’oro, niente comodità. “Ho grande fame, voglio portare la mia voglia e la mia esperienza, voglio essere d’aiuto ai giovani e voglio portare la mia storia per portare qualcosa di nuovo a questa squadra. Quest’anno voglio dare tutto per portare in alto questa squadra, abbiamo tante ambizioni, vorrei provare ad arrivare al top 5, magari al top 3 in quest’annata, anche se sarà molto difficile”. 

Ribery è un equilibrista delle dichiarazioni. Umile ma sognatore come tutti i fuoriclasse. Comprende l’importanza del lavoro, le difficoltà di un campionato che lo scorso anno ha riservato per la Fiorentina difficoltà inaspettate e amarissime. Ribery è un giocatore la cui stanza dei trofei dovrebbe avere le dimensioni di un trilocale, che sceglie Firenze nonostante offerte faraoniche in tutto il Mondo e invece di fare la “vedette”, alla terza domanda risponde così:  “Spero di fare il massimo per questa gente, sudare la maglia e dare tutto per la Fiorentina”. Poi due ore più tardi scende in campo davanti a 10.000 tifosi, in diretta televisiva, indossa al volo la maglia della Fiorentina passeggia tra luci, fumi e cori e ti dà l’idea di poter rimanere 2 giorni a palleggiare.

Afferma sereno di non essere ancora pronto a giocare, di doversi inserire in un gruppo che da oltre un mese lavora insieme ma contemporaneamente rilancia: “Contro il Napoli? Se il mister ha bisogno sono qua a disposizione. Anche per 15′, 10′, 2 minuti”. Un messaggio forte e chiaro per Montella. 

“Ho un grande carattere, un grande cuore, sono un buono, rispettoso, e sia io che la mia famiglia siamo tutte persone semplici e buone. Se posso aiutare la gente, lo faccio, non mi faccio pubblicità, ma se posso fare qualcosa lo faccio. E rimango un uomo”.

Ci tiene a puntualizzarlo spesso Ribery. Non snocciola i suoi trofei come un rosario e quando ricorda il passaggio ai quarti di Finale di Champions League nel 2010, ammette velatamente i meriti della Fiorentina: “Per fortuna riuscimmo a passare il turno…”

Con Ribery la Fiorentina si è assicurata un giocatore e un uomo completo, realizzato ma non arrivato, vincente ma non sprezzante. Uno che nel 2013 raggiunge con il suo Club l’agognatissimo “treble” ma si guarda bene di farvi  riferimento, deve essere per forza un professionista che pensa come gioca. Proiettandosi sempre avanti a tutta velocità. E di questo la Fiorentina ha dannatamente bisogno.