“C’abbiamo Vincenzo Nibali! Andiamo Vincenzo a prenderci questa maglia!” La voce piena di esaltazione, speranza e gioia è di quelle che in un pigro pomeriggio di Luglio ti fanno alzare dal divano e appiccicare davanti al televisore.
E’ il 2014, il Tour de France arriva a La Planche des Belles Fille sui Vosgi... L’attacco in salita di Vincenzo Nibali a 3 km dal traguardo è feroce, spregiudicato, inesorabile. E Riccardo Magrini in telecronaca se ne accorge subito. Ci porta li, accanto a Vincenzo, il primo italiano dai tempi del Pirata capace di regalarci quel sogno. Vincenzo pedala e Magrini racconta la sua vittoria prima ancora che essa effettivamente avvenga.

Nello sport il potere della parola è formidabile. In uno sport come il ciclismo ancor di più. Da spettatori, percepire l’immenso fascino, il sapore della fatica e la gloriosa tradizione che una disciplina come il ciclismo racchiude è complicatissimo: in tv come dal vivo seguire una tappa è macchinoso. Le volate, gli strappi, gli attacchi rappresentano una minima percentuale del quadro d’insieme e le strategie sono decisamente complicate da prevedere. Per entrare nell’evento serve qualcosa di più..

Riccardo Magrini, ex ciclista su strada, dirigente sportivo e commentatore televisivo italiano, non è dotato soltanto competente, non si limita ad avere conoscenza dei corridori e ottimi tempi televisivi. Magrini è dotato della rara capacità di coinvolgere. E’ un appassionato prima di essere un tecnico. La riprova che le emozioni sono il migliore degli ufficio stampa.

– Si è da poco conclusa la 102esima edizione del Giro d’Italia… un bilancio di questo mese di telecronache?

Un bellissimo mese… io mi diverto così tanto! E’ mancato forse un po’ di pathos, quell’emozione in più che ti dà il Campione atteso da tutti… Carapaz non era molto conosciuto e per molti la sua vittoria è stata una mezza sorpresa..

 

– Non era tra i cinque favoritissimi….

Ad Eurosport eravamo stati un po’ profetici… facendo una scheda completa degli atleti per creare una nostra classifica ideale degli aspiranti alla vittoria del Giro, assieme al nome di Landa noi avevamo fatto quello di Carapaz. Lo scorso anno aveva dimostrato ottime qualità, si era piazzato quarto grazie ad un potenziale con ampi margini di miglioramento. Forse l’ultima settimana ha deluso le aspettative.. vi erano le tappe più dure e tutti attendevano da Nibali il colpo segreto, il miracolo in grado di schiantare la concorrenza. Io rimango dell’opinione che il secondo posto di Vincenzo non sia assolutamente un fallimento, anzi sia un piazzamento più che onorevole

 

-Può avere dei rimpianti?

Quello certamente… Ci sono aspetti nella tappa di Courmayer che sono stati sottovalutati, lo ha detto lui stesso. Un attacco che doveva essere più controllato ha finito con l’essere fatale. Poteva esserci più collaborazione con Roglic e con tutti quei corridori che erano a 20 secondi…onore al merito di Carapaz che è andato fortissimo che ma di certo non avrebbe preso 1’54”! Un approccio diverso sarebbe a mio avviso cambiato totalmente anche il proseguo del Giro… Landa ad esempio avrebbe potuto attaccare, la maglia Rosa sarebbe stata sulle spalle di Roglic che a quel punto avrebbe dovuto rischiare qualcosa di più…

 

– Dopo l’annuncio di Tom Dumoulin che ha da poco dichiarato di accusare ancora molto la botta al ginocchio rimediata al Giro, la clamorosa caduta di Froome al Giro del Delfinato. Che Grande Boucle sarà? Chi vedi per favorito?

Questo doveva essere il Tour del grande assente, Chris Froome. Voleva ripetersi, aveva capacità, fame, si era preparato alla grande. Adesso mi sento di dire che starei molto attento alla Movistar… è il suo anno, Quintana è un corridore di grande valore dal quale ci si aspetta ancora il colpaccio. Un “Attenti al Lupo” che potrebbe finire quest’anno, chissà… La Movistar in questo 2019 ha dimostrato un valore incredibile, può aspirare all’en plein. Certo è che fare i conti con la Ineos non sarà una passeggiata: anche senza Froome possono contare comunque sul talento di corridori come Egan Bernal e Geraint Thomas e poi sono motivatissimi.

– Credo che il ciclismo sia tra i tre sport più difficili da commentare in diretta televisiva. Sono tante ore e per molte delle quali non accade sostanzialmente un gran che.. insomma il rischio di annoiarsi e annoiare c’è ed è costante. Tu sei bravissimo non solo a generare entusiasmo nei momenti di maggior pathos, ma anche a trasformare duecento chilometri in una “chiacchierata tra amici” dove si parla di ciclismo, si scherza, ci si emoziona e ci si arrabbia… La tappa che più ti ha emozionato da corridore?

Sicuramente quella al Tour de France che ho vinto. Erano 6 anni che un italiano non si imponeva in Francia e per di più eravamo soltanto cinque italiani a correre quell’anno… Sia al Giro che al Tour ho conquistato le mie vittorie di tappa di sabato, un piccolo colpo di fortuna che ha permesso ai miei successi di avere ancor più risalto. E’ stata un’emozione sincera che è stato bello vivere lontano da casa….

 

– Sicuramente eri molto apprezzato anche dai media transalpini dell’epoca…

Ho avuto molto di scoprire un pubblico molto sportivo che mi ha apprezzato non solo in strada ma anche in televisione. Ero famoso per le mie burle, insieme a Gilbert Duclos-Lassalle, cheuna vera celebrità in Francia, ci divertivamo tantissimo! Per me fu facile entrare in empatia con quel pubblico perché ero molto amico dei campioni più popolari…

 

– Sei stato sicuramente il “fautore” della ritrovata simpatia del pubblico italiano verso Chris Froome che da perfetto calcolatore si nel 2018 si è trasformato in eroico combattente. L’ attacco che parte da lontano per cercare di riprendersi disperatamente il Giro e tu che senza giri di parole applaudi subito quello sforzo…

Io credo che attorno a Froome si sia costruito un personaggio piuttosto diverso dalla reale natura di questo ragazzo così gentile e tranquillo. Certo si rapporta al ciclismo in maniera scientifica, il Team Sky non ha goduto delle simpatie del pubblico ma in quel momento un appassionato di ciclismo e di sport in generale non può che rendere omaggio alla “frullata di Froome”. Uno sforzo che racchiude tutto: energia, coraggio, irrazionalità e potenza.


– Si dice che sia così difficile trovare ciclisti espansivi anche a causa dell’estremo sforzo fisico che richiede uno sport come il vostro? Tu sei un’eccezione direi! Come ti sei approcciato alla bicicletta?

Assolutamente per caso. E’ stato mio cugino il primo a credere nelle mie potenzialità, anche se c’è da dire che quando in famiglia mi regalarono la prima bici da corsa io avrei preferito il motorino. Per i miei genitori era troppo pericoloso quindi cedettero sulla bici… avevo 16 anni e il primo anno che avrei dovuto competere dovetti rinunciare a causa di un bruttissimo infortunio causato da una caduta. Poi per fortuna la paura non ha prevalso e la voglia non è passata e grazie alla bicicletta mi sono tolto tante belle soddisfazioni.