Resistere alla paura adesso sembra diventata l’impresa più difficile. Ragionare con lucidità e non lasciar prevalere l’ombra del baratro che corre inesorabile. Rimanere compatti almeno per questa volta, che magari sarà l’ultima ma che sicuramente è la più importante.

Sembra paradossale vivere questo preciso istante della nostra vita, un punto ben più grade della rottura, un punto distante anni luce delle premesse ipotizzate e sperate con l’arrivo di Vincenzo Montella. 

A Genova i tifosi del Grifone hanno ancora nella mente e nel cuore i festeggiamenti per la vittoria al “Ferraris” contro la Juventus: una grande soddisfazione, un colpo da maestro del tecnico di Orzinuovi che in quella Domenica sfrutta lo stato confusionale di una Juventus affaticata dalle notti di Champions per togliersi una bella soddisfazione personale e mettere la parole fine sulla lotta salvezza, avendo debitamente distanziato Empoli e Bologna. Che una delle due sia già praticamente spacciata è cosa certa. Rettifico, ERA cosa certa. 

A Firenze niente è più come sembra, nemmeno il ricordo, ossia il disperato tentativo di trovare serenità in quello che è stato. Domenica sera il testa a testa in panchina sarà difatti tra i due tecnici che maggiormente in passato hanno saputo dare ai gigliati equilibrio mentale e identità tattica, un dato difficilmente commentabile alla luce degli ultimi due mesi.

Se è vero che si sono ampiamente analizzate le motivazioni delle dimissioni (forzate) di Pioli, vale la pena riorganizzare la cronologia dei fatti che hanno portato all’arrivo di Cesare Prandelli sulla panchina del Genoa, Club che mai come in questa stagione ha “sofferto” delle intemperanze di un Presidente che già da inizio stagione palesava grosse preoccupazioni sul futuro della squadra. “Soltanto alla Sambenedettese Ballardini è riuscito a restare per tutta la stagione, poi è stato sempre esonerato! Non avrei dovuto confermarlo, resta un gestore di situazioni complicate ma con lui non fai il salto di qualità”. Con questa intervista al Corriere della Sera, Enrico Preziosi ufficializzò la fine dell’era Ballardini, preparando la piazza al ritorno del tecnico croato Juric.

La squadra fino a quel momento ha totalizzato 12 punti in 7 gare, con una media punti totale, 1,75 punti a partita. Pronti via e Juric fa subito il miracolo, fermando all’Allianz Stadium i bianconeri sullo 0-0. Ecco, come accaduto poi a Prandelli, quello è anche l’inizio della fine. Piatek continua a segnare a raffica, così come a raffica piovono critiche sulla squadra da parte della dirigenza che il 6 Dicembre 2018 decide di dare il secondo benservito a Juric e puntare tutto su un nome nuovo, esperto ma motivato a rilanciarsi in massima Serie: Cesare Prandelli. 

A Prandelli sono concesse sicuramente più prove di appello rispetto a quelle dovute ai suoi predecessori: l’addio di Piatek, la partenza con illusione di Sanabria, l’effettivo equilibrio che il Genoa pare aver raggiunto dal punto di vista tattico limitato ovviamente dall’appurata mediocrità di alcuni reparti della squadra. Il precipitare delle ultime settimane rappresenta una variabile che squadra e tecnico non hanno saputo controllare, un po’ come successo a Firenze.

Nello scegliere di cambiare di certo ad aver sbagliato sono stati i due Club: a cominciare da quel caos di comunicati che hanno portato alle dimissioni di Pioli, con il quale la Fiorentina aveva ogni diritto di rompere ma sul quale c’erano da fare attente valutazioni anche pensando all’aspetto psicologico di uno spogliatoio sicuramente non comune.
Ok, questa non è sicuramente la Fiorentina di Montella, un tecnico con idee solide che ci auguriamo prenderanno forma durante l’estate, ma far meglio di 1 punto, immagino non fosse un’impresa ardua. Montella sicuramente non è ciò che sta dimostrando a Firenze ma se la Fiorentina domenica rischia la retrocessione e scende in campo senza un tecnico seduto in panchina, la cosa peggiore sarebbe quella di sentirsi esclusi dalle responsabilità.

Prandelli a Genoa non ha potuto essere soluzione ai mali di una squadra che non rispecchiava le ambizioni del suo presidente. La giostra di tecnici che si è rincorsa da Ottobre a Dicembre, così come il mercato, ha lasciato senza dubbio a desiderare!

Fiorentina e Genoa sono due squadre perse. Perse prima ancora di essere condannate. Sembrano desolatamente rapite dalla frenesia di scrollarsi di dosso una situazione che si è trascinata così a lungo da diventare drammatica e che domenica presenterà il conto.