Evgenij Berzin, nato a Vyborg nella lontana Russia, diventa anche un po’ italiano un pomeriggio di Giugno di venticinque anni fa quando arrivò a Milano alzando le braccia al cielo e vestito di rosa. Berzin completava così un anno praticamente perfetto, festeggiando con gli uomini della Gewiss un Giro praticamente dominato nel quale sia lui che la squadra non avevano commesso il minimo errore.

Le difficoltà? Tantissime. Marco Pantani e Miguel Indurain, per dirne un paio. Il “Navarro” è praticamente già una leggenda, il Pirata proprio in quel Giro farà vedere al Mondo intero che qualcosa nel ciclismo italiano stava per cambiare.

In esclusiva per Sport Fiorentina colui che in quel 1994 salì sul gradino più alto del podio: Evgenij Berzin.

 

Nel 1994 il trionfo al Giro d’Italia. Una corsa condotta al limite della perfezione considerati i 19 giorni in Maglia Rosa. La tappa più difficile?

Ironia della sorte proprio quella con arrivo ad Aprica. Diciamo che queste giornate di Giro me la ricordano molto. Era la tappa numero 15 e Marco Pantani dimostrò tutto il suo valore: la tappa andava da Merano ad Aprica, 195 chilometri che comprendevano il Passo dello Stelvio, il Passo di Mortirolo e il Valico di Santa Cristina: quel giorno nonostante l’ottimo lavoro della mia squadra resistere agli scatti di Pantani fu pressoché impossibile, anche Indurain dovette piegarsi al suo strapotere. Per fortuna riuscì a gestire bene il vantaggio che avevo accumulato nel corso dei giorni ma con quella prova il Pirata balzò al secondo della classifica generale e a Milano chiude il giro con “soli” 2 minuti e 51 secondi da me.

Indurain e Pantani sul podio di Milano insieme a te. Niente male come concorrenza: come si studia una strategia contro fenomeni di questo calibro?

Il ciclismo è uno sport di grande fatica dove si pensa giorno per giorno. Tutto può succedere, soprattutto nelle corse a tappe: nel 1994 l’apporto della mia squadra fu fondamentale.

 

La Gewiss di quel Giro d’Italia poteva contare sul talento di Argentin, Gotti, Zanini, Bontempi e Bjarne Riis. Che importanza ha sia tatticamente che psicologicamente poter contare su un grande gruppo, quando si rincorrono traguardi così importanti?

Fondamentale. Nel ciclismo pensare di poter bastare a sé stessi è impossibile. Ho avuto la fortuna di avere quei compagni di squadra con cui non solo abbiamo lavorato molto bene ma dai quali ho imparato tanto. Per i team costruire una squadra è comunque difficilissimo, bisogna non solo puntare sul valore della “punta di diamante” ma anche su grandi gregari che sappiamo compensarsi.

 

Il ciclismo è uno sport di grandi passioni, ma per farlo ci vuole qualcosa di più del semplice talento e della motivazione. Tu come hai cominciato con le sue ruote?

Come spesso accade è una storia che inizia quando ero molto piccolo e vivevo in Russia. Nell’Unione Sovietica lo sport era fondamentale, vi erano vere e proprie scuole dove si iniziava a praticare ciclismo in modo agonistico praticamente da bambini. Quando mi è stata regalata la prima bicicletta ho capito che quello era ciò che mi appassionava: grazie ai risultati sono riuscito a farne una professione.

Nel 1994 un’altra vittoria importantissima, quella nella Liegi Bastogne Liegi, una classica di grande fascino. Che ricordi hani di quella giornata? Quali sono le insidie maggiori di questa prova?

Con la Gewiss nel 1994 ci riuscimmo ad imporsi sia nella Liegi Bastone Liegi che nella Freccia Vallone, vinta dal mio capitano Moreno Argentin, determinante nella mia vittoria in Belgio. Nell’ultima salita si sacrificò molto e mi permise di mettere dietro Lance Armstrong e Giorgio Furlan, anche lui in Gewiss – Ballan. Alla Freccia Vallone facemmo addirittura tripletta con un podio composto da Argentin, Furlan e terzo classificato io.

 

Con la tappa di oggi il Giro d’Italia entra nella sua parte più emozionante: tra quanto il momento di svolta?

Ovviamente la classifica generale già da oggi potrebbe ridisegnarsi in modo importante ma non credo che già nella Cuneo – Pinerolo vedremo sconvolgimenti importanti, credo anzi che ci sarà un grande controllo. Da lunedì non ci si può più nascondere! Si entra nella terza settimana, la tappa Lovere – Ponte di Legno, il tappone col Mortirolo, darà dei verdetti, non si può bluffare!

 

Chi vedi tra i favoriti?

Vincenzo Nibali è un corridore maturo ed esperto, conosce il Giro ed è in forma. Roglic certo sta benissimo anche se il momento della verità è adesso!

 

 

Photo by @PaoloGiulianie  @OfficialPageFacebookEugenioBerzin