C’è stato un momento in cui Firenze ha sperato in modo prepotente che questa stagione terminasse all’istante. La palla che sbuca impazzita dal fianco di Lafont, si impenna in modo misterioso e finisce dentro la rete. E’ la fine del sogno, di quella disperata speranza di poter dare un’inversione potente ad una stagione scivolata dalle mani della Fiorentina domenica dopo domenica.

Ad Agosto erano ben chiari a tutti i rischi a cui sarebbe potuta andare incontro una squadra anagraficamente così giovane che sui grandi entusiasmi e sull’esaltazione delle vittorie avrebbe dovuto costruire una solida base per affrontare con equilibrio e concretezza gli inevitabili momenti di difficoltà. E invece “gestire” è sembrato fin da subito un’impresa impossibile. Nel gioco, nei risultati e addirittura nella comunicazione, qualsiasi difficoltà ha finito con il trasformarsi in una potenziale bomba capace di distruggere quando faticosamente costruito.

Ed è così che l’entusiasta Fiorentina che costruiva in prospettiva futura, che lavorava per raccogliere si è trasformata in una caotica Fiorentina che improvvisava. Nelle ore direttamente successive alla sconfitta di Bergamo si è scritto che le ultime settimane sono la prova che non era Stefano Pioli l’unico responsabile. Sicuramente. Ma nell’analizzare le ragioni che hanno portato la Fiorentina a vivere questo esatto momento della sua storia è necessario partire dalle ragioni del campo.

E’ sbagliato parlare di assenza di idee. Le idee di Pioli erano rivolte ad un calcio moderno, una filosofia propria anche di grandi Club europei, di squadre che stanno stupendo. Ancora una volta però a mancare è stato il passaggio da teoria a pratica. La prontezza di capire l’inattuabilità di un progetto tecnico che nelle ultime settimane aveva palesato la fragilità delle sue fondamenta. Ad accorgersene erano stati fondamentalmente tutte le avversarie che la Fiorentina si era trovata davanti, la prova della totale assenza di vittorie casalinghe nel girone di ritorno è l’inquietante riprova.

Guai quindi a caricare di colpe esclusivamente Pioli e soprattutto coprire di responsabilità Montella adesso. Certo, una resa anticipata oltre che umiliante sarebbe inaccettabile. Montella non ha rivoluzionato lo scheletro della squadra di Pioli ma ha voluto introdurre dinamiche di gioco che quando la Fiorentina riesce ad attuare sono state fin da subito interessanti. Manca l’intensità e l’esperienza di trasformare bellissimi “sprazzi” in un’identità vera e propria. Manca il lavoro sul campo e quegli uomini capaci di rappresentare le chiavi di volta nel gioco di Montella.

Deve configurarsi adesso quell’unità di intenti necessaria a cambiare drasticamente una situazione che  somiglia ad un inquietante sabbia mobile che Firenze non si merita. Se il ritorno di Montella è stato il frutto della volontà dei Della Valle, allora la Fiorentina che verrà deve essere davvero l’emanazione del suo allenatore. A volte i fallimenti servono anche a questo, a spronare in maniera definitiva il cambiamento, ad indicare la strada da seguire.