Chiesa esce dal campo chiedendo scusa, Pezzella ribadisce ai microfoni tutta l’amarezza e la frustrazione della squadra ma sottolinea ancora una volta come il suo profilo di leader non sbiadisca neppure nei momenti più difficili. La gestione tecnica di Stefano Pioli si è trovata faccia a faccia con la sua domenica più nera, il pauroso amarcord risalente ad un anno fa, quando i gigliati erano stati strapazzati al Franchi da un Hellas Verona praticamente già retrocesso. Gli interrogativi sono molti così come i responsabili, ma il Capitano viola ci tiene a sottolineare come le frizioni tra Pioli e Cognigni non abbiano certo aiutato il gruppo a guardare avanti con fiducia. Prevedibile. Sinceramente se questa volta le dichiarazioni della società sono un atto dovuto, la sparata dello scorso Febbraio parve una strategia di comunicazione quantomeno pericolosa.

La frase di Pezzella ha un peso specifico altissimo, racconta di una squadra che è ben lontana dallo scaricare il proprio allenatore e che nonostante le difficoltà non vuole trovare un unico capro espiatorio. Pezzella ci mette la faccia sempre e non lo fa per contestare il ritiro o l’amarezza della tifoseria ma per chiedere unità totale d’intenti.

E veniamo alla decisione del ritiro. Curativo? Punitivo? Beh, sicuramente l’unica strada per far quadrato, isolare il gruppo dal flusso di parole e di ipotesi che potrebbero destabilizzare ancora di più una squadra che adesso sarebbe soltanto affossata dalle critiche.

Nella storia della Fiorentina dei Della Valle, il Club ha optato per questa soluzione soltanto nei momenti veramente più difficili: ancora più rara la strategia riguardante gli esoneri a stagione in corso, una scelta che mal si confà alla politica societaria che solo con Vierchowod, Cavasin, Mihajloivc e Delio Rossi ha scelto questa soluzione prima della fine del campionato. Nel primo caso, la scarsa esperienza dell’ex difensore viola giocò un ruolo determinante: la allora Florentia Viola non poteva permettersi un avvio stentato in Serie C2 soprattutto perché il reale valore del gruppo appariva comunque maggiore rispetto a quello delle avversarie. La prova provata di questo fu la successiva cavalcata trionfale della squadra verso la vittoria del campionato una volta affidato il gruppo ad Alberto Cavasin, non un fenomeno ma comunque un tecnico con maggiori trascorsi.

E che Alberto Cavasin fosse forse troppo radicato in alcuni suoi convincimenti lo racconta anche l’andamento della stagione successiva in Serie Cadetta, quando una Fiorentina di nuovo costretta ad una corsa contro il tempo sul mercato (il ripescaggio fu formalizzato ad un passo dall’inizio del campionato) stentò oltremodo sia in casa che in trasferta. E così alla 27esima giornata, dopo la sconfitta contro la Triestina il Club decide che la squadra ha bisogno di una scossa. Anzi, per credere in quello che altro ormai non era che un miracolo serve un elettrochoc: fuori Cavasin dentro Emiliano Mondonico. ” Fosse solo per una domenica e basta,  io avrei vissuto dentro al sogno di allenare la squadra per la quale ho sempre tifato! Non so se è una sfida o una scommessa… Venire a Firenze è un’ avventura difficile ma intrigante, magari se non fosse stato così non mi sarebbe piaciuto. Farò sì che il tifoso viola Mondonico non abbia nulla da ridire sull’allenatore Mondonico.” 

Mondonico con la Fiorentina realizzerà il suo sogno, allenare la squadra del suo cuore, il sogno di tutta Firenze, riportarla in Serie A, ma proprio per non sciupare quanto di bello costruito a quelle critiche feroci nei primi mesi di Serie A, dice basta e si dimette. E’ un uomo con una parola sola, non ci sta a fare teatrini fatti di messaggi sibillini e contro risposte al veleno. Non vuole far del male alla Fiorentina. Che dote rara.

Per quanto riguarda invece gli addii di Mihajlovic e Rossi, Pantaleo Corvino in una recente intervista ha parlato di due scelte obbligate: la piazza aveva scaricato Sinisa, dopo la sconfitta contro il Chievo Verona continuare ad imporlo sarebbe stato un doppio dolore. Per Delio Rossi pochi i commenti da aggiungere alla scena pietosa tra l’allora allenatore della Fiorentina e Adem Ljiaic, unico giocatore d’attacco della Fiorentina in quella partita sostituito con la squadra sotto di due reti.Ma se le difficoltà transitorie del “dopo Prandelli” ce le aspettavamo, sembra che il dopo Montella, dopo l’illusione iniziale data da Sousa, sia preoccupantemente difficile da superare.

Photo by @ Andrea Martini