Se c’è una cosa su tutte che va riconosciuta al Claudio Ranieri allenatore è la capacità di non farsi scoraggiare. Se è vero che le battaglie più difficili vengono affidate ai comandanti migliori, non si può certo ignorare che nel corso della sua carriera a Claudio Ranieri di battaglie scomode ne sono state affidate molte, spesso non venendo trattato con il rispetto che un professionista con la sua esperienza meriterebbe.

Celebre ormai il primo commento social di Gary Lineker che su twitter cinguettò la sua opinione piccata riguardante la scelta del Leicester di affidare la squadra all’allenatore romano: “Claudio Ranieri? Really?”. Davvero Gary. Vero come quel delirio di gioia inaspettato e totale, arrivato una manciata di mesi più tardi quando i Foxes di Vardy, Kantè e Ranieri, resero possibile un autentico miracolo sportivo. Quello che colpiva di quel gruppo era la volontà. Un’applicazione incredibile ad un’idea di calcio, ad un allenatore che ha saputo trasmettere qualcosa in più di una semplice filosofia di gioco. Quel Leicester era ostinato, granitico, concentrato, furente, umile. Primo senza fortuna e senza investimenti milionari.

Tornando indietro di vent’anni nella carriera di Claudio Ranieri, ci sono delle analogie tra il Leicester ed una squadra del suo passato: la Fiorentina di Gabriel Omar Batistuta. Determinante, coraggioso, generoso, un professionista esemplare. L’uomo e il giocatore che Ranieri voleva vedere anche in Vardy. Batigol è stato il cuore di una Fiorentina che con Ranieri conquistò una Coppa Italia e una Super Coppa italiana, arrivando a far tremare il Camp Nou in semifinale di Coppa delle Coppe. Anche a Firenze il suo progetto tecnico fu capace di dimostrare come potesse essere attuale e valida l’idea di un calcio pragmatico e intenso che ben curasse la fase difensiva e sviluppasse una moderna capacità di adattarsi senza snaturarsi. Le difficoltà lo esaltano, gli ambienti ostili lo spronano a stupire. A Firenze Ranieri, a torto o ragione, non si peritava a operare un calcio che spesso veniva criticato, che di certo non lo rese simpaticissimo al suo numero 10. Rui Costa a suo dire non gli garantiva l’equilibrio che doveva essere la base del progetto tecnico della sua squadra quindi spesso,senza alcun timore reverenziale o paura,  era il primo cambio designato.

Quando gli è stato chiesto di tornare a Roma i motivi per dire no erano moltissimi. La questione era molto più complessa di altre già vissute. Come nel 1993 quando Vittorio Cecchi Gori lo chiamò per riportare in Serie A una Fiorentina clamorosamente retrocessa, fallire significherebbe giocarsi in maniera definitiva una possibile conferma. Vanificare la possibilità di aprire un nuovo ciclo. Ranieri potrebbe e dovrebbe dire di no ma a prevalere è la romanità, il romanismo e la passione per il suo mestiere. Sente forte il richiamo della Roma, ancora più forte quello del campo, mette da parte le polemiche che potevano essersi creare quando nel 2011 il Club del suo cuore decise di esoneralo: la Roma avanti a tutto, a sé stesso sicuramente.

Prima della gara contro il Napoli, in conferenza stampa Ranieri aveva fatto intendere che qualcosa non andava: “una squadra come il Napoli che gioca molto verticale va pressata con intensità a centrocampo, ma se non hai nelle gambe la capacità di pressare forse è meglio stare attenti…”. E’ andata come pensava lui: una Roma svuotata e triste dopo aver tenuto botta il primo tempo, cade sotto i colpi di un Napoli sprecone ma in condizione fisica e psicologica migliore.
Non è vero che dopo gli ultimi due mesi di tregenda della gestione Di Francesco, gli infortuni e gli evidenti errori commessi sul mercato da Monchi, nessuno chiede niente a Ranieri: lui per primo pretende da stesso l’ennesimo miracolo. Non si sente un traghettatore ma un allenatore che proprio nella sua città sente di aver un conto ancora aperto. 

Affrontare la Roma sarà difficile: quando abbiamo raccontato la storia di Mondonico alla Fiorentina abbiamo sottolineato come fosse stato determinante il suo essere tifoso. La sua capacità di guardare con gli occhi del cuore una situazione irrimediabile e renderla un successo, non perdersi con il contorno ma concentrarsi solo sull’obiettivo. Adesso è la Roma ad avere questa fortuna e sta alla Fiorentina non distrarsi.