L’immagine che rimane è quella di Batistuta involato verso la porta del Milan che cade come colpito da un dardo avvelenato. Il Re Leone che si accascia a terra. E’ la fine del sogno. Batigol come l’eroe epico ferito, alza la mano come a chiedere pietà, a domandarsi “perchè”. Aveva già capito tutto: è grave.

Questo è il “poteva essere e non è stato” della Fiorentina di Trapattoni, l’unica squadra che dopo il 1982 abbia veramente fatto sospirare il cuore dei tifosi viola. L’ultimo gruppo in grado di puntare al Tricolore: i Campioni d’Inverno per i quali era stata scelta la guida ideale. Giovanni Trapattoni, segni particolari la più assoluta familiarità con la vittoria, impagabile nella gestione delle pressioni.

Dall’infortunio in poi tutto si congela in un eterno inverno di rimpianti. La Fiorentina che a livello societario già iniziava a scricchiolare non riesce neppure a trattenere le intemperanze di Edmundo che abbandona la squadra per tornare a Rio de Janeiro durante i festeggiamenti del Carnevale. Il sostituto naturale di Batistuta non poteva esistere, probabilmente non è ancora nato, ma dal mercato di Gennaio non arriva niente: Trapattoni è un allenatore logico, lontano dai guizzi di Malesani, cerca di lavorare sui punti di forza di una squadra equilibrata ma orfana del suo sole.

Il terremoto emotivo è straziante. Il gruppo mal sopporta la poca professionalità del brasiliano, il reparto offensivo è ridotto a Oliveira, Robbiati e Carmine Esposito, giocatori che non sono gli stessi senza gli spazi creati dai due titolarissimi: la squadra riesce a mantenere un certo equilibrio tattico, il lavoro fatto da Trapattoni per la difesa dà i suoi frutti, ma l’applicazione non basta.  La sconfitta in finale di Coppa Italia contro niente poco di meno che l’ex Malesani è un boccone difficile da digerire considerata anche la brusca frenata subita in campionato: ma, eliminato il motivo del malcontento, da quella squadra non scappa nessuno, anzi!

C’è l’Europa per lui lottare, un palcoscenico sul quale la Fiorentina aveva fatto molto bene con Ranieri ma la Coppa dei Campioni è un altra cosa. Ed è con la fotografia del goal di Wembley che si chiude il nostro ricordo del biennio di Trapattoni alla Fiorentina: un colpo che non era un semplice destro potente ma il grido di passione di un’intera città. Nel Tempio del Calcio a scrivere una bella storia di calcio. Trapattoni a Firenze ha portato sé stesso e il suo calcio: la sua logica, il suo ragionamento, la sua esperienza. Lì ha trovato una squadra completa e  pronta a lottare, ma soprattutto ha trovato un grande attaccante. Uno che “andrebbe fotocopiato” ha detto il Trap a distanza di 20 anni.

 

 

 

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