Che nel destino di Giovanni Simeone ci sarebbe stato il calcio non era scontato: avere in famiglia un talento come il padre Diego, grande centrocampista, grandissimo allenatore, è di per sé già una rarità. Ma che nella sua storia ci sarebbero stati i goal, è forse la variabile più inaspettata: in campo il ruolo di Giovanni è lontano, o meglio dire, avanzato, rispetto a quello del padre che però tatticamente e tecnicamente lo influenza moltissimo. Simeone rappresenta il prototipo perfetto di attaccante che il Cholo ricerca nel suo Atletico, un giocatore generoso e guerriero, un attaccante capace di far sentire sempre il peso della sua personalità.

A mancargli sembra però essere il cinismo, la lucidità sotto porta, una pecca che lo ha portato a sentirsi nel corso del girone di andata sempre meno sereno: come ha ammesso lui stesso condividere il suo stato d’animo con un professionista ha rappresentato un nuovo inizio.  La possibilità di lavorare non solo sul campo ma anche nella sua testa ha fatto scattare in lui una nuova molla, ha reindirizzato l’agonismo nei giusti canali dando quindi anche alle sue prestazioni nuova linfa. La nuova luce è entrata dalle crepe create dalle difficoltà: dove un tempo Simeone sembrava scomparire e arrancare adesso c’è un numero 9 ch che brilla : è vero la media realizzativa dovrebbe migliorare ma l’atteggiamento, il piglio è totalmente diverso da quello di qualche mese fa.

La concorrenza con Muriel, l’ottimo rientro dall’infortunio di Mirallas, il gioco spesso “Chiesacentrico” della Fiorentina non rappresentano più un ostacolo ma uno stimolo: ecco, forse la mossa giusta per alleggerirlo nelle gambe e nello spirito è stata proprio l’avergli tolto la pressione dell’essere “titolare a tutti i costi”.

Leonardo Pavoletti non ha mai rimpianto la scelta di Napoli, un passaggio che secondo molti (e un po’ anche secondo lui..) lo ha sfavorito. E’ semplicemente dispiaciuto per un finale così amaro. La continuità realizzativa e di prestazioni trovata a Genova avevano spinto De Laurentiis a credere in un giocatore italiano e nel pieno della sua maturità per sostituire l’infortunato e sfortunatissimo Milik. Sarri probabilmente condivide la scelta (anche perchè il costo del cartellino del giocatore è di 18 milioni di euro) ma ha altre idee per il suo Napoli: il trio delle meraviglie che incanta tutti è un’intuizione vincete che però relega Pavoletti ai margini della squadra.  “Ero andato a Napoli per diventare protagonista ma poi sono diventato praticamente un gregario. Diciamo che devi accettare sempre le sfide altrimenti se resti a goderti i tuoi comfort, non saprai mai quanto vali veramente”

Una sfida fallita non è sinonimo di fine. E infatti Pavoletti decide che di stare seduto in panchina proprio non ha voglia: nell’estate 2017 il Cagliari è costretto a salutare Marco Borriello, reduce da un’ottima annata, e individua proprio in Pavoletti il prototipo perfetto del “centravanti da area di rigore”. Con i sardi 21 goal in 54 presenze, alcuni di questi pesantissimi come quello segnato proprio ai viola lo scorso Maggio: salvezza per i sardi, fine del sogno Europa per la Fiorentina.

Un precedente che rappresenta un avvertimento importante: Fiorentina avvisata.