La stagione di Simeone, fino ad adesso, ha sicuramente un voto sotto la sufficienza. Lo dicono i numeri: solo 5 gol segnati in 24 partite disputate (di cui 19 da titolare). Una media-gol estremamente bassa considerando il suo ruolo di punta centrale. La Fiorentina, dopo le deludenti prestazioni di Pjaca e appunto Simeone è corsa subito ai ripari nella finestra di calciomercato invernale, definendo l’acquisizione (a titolo di prestito con diritto di riscatto) di Luis Muriel.

L’attaccante colombiano ha conquistato tutti fin dalle primissime apparizioni, dimostrando qualità e talento fuori dall’ordinario. Lo spazio sembrava quindi chiudersi sempre di più per Simeone, relegato in panchina dal talento colombiano. Pioli ha infatti deciso sin da subito di non voler snaturare Muriel, trasformandolo in un esterno offensivo, bensì ha affermato con forza l’intenzione di volerlo inserire solamente nel ruolo di centravanti: posizione in cui l’ex Udinese e Sampdoria riesce ad esporre nel migliore dei modi le sue enormi qualità.

Ad inizio 2019 l’idea più attuabile per far convivere al meglio Muriel e Simeone sembrava quella di modificare l’assetto offensivo del 4-3-3 tanto amato da Stefano Pioli. In 4-3-1-2 sembrava infatti il modulo più congeniale alle caratteristiche dei giocatori offensivi Viola: Chiesa trequartista (con enormi libertà di movimento, in modo da non dare nessun tipo di riferimento agli avversari) e Simeone e Muriel coppia d’attacco. L’idea però è stata accantonata velocemente dal tecnico Viola, che ha deciso invece di continuare con l’ormai classico 4-3-3 ed ha relegato in panchina il Cholito.

Panchina per punizione? No, per necessità e per favorire la sua crescita personale.

A gennaio sono soltanto 2 le partite disputate da titolare dal centravanti argentino nelle 7 gare totali, un cambio di rotta importante considerando che fino a gennaio non è partito dal 1’ solo in un caso su 19 partite. La scelta di Pioli non ha però demoralizzato Simeone, anzi: la panchina lo ha maggiormente responsabilizzato, l’argentino ha infatti dimostrato in ogni spezzone giocato nel 2019 una voglia matta riconquistare a tutti i costi la maglia da titolare. La rivalità all’interno dello spogliatoio ha infatti acceso qualcosa all’interno del figlio d’arte, più grintoso e volenteroso che mai.

Oltre ad apportare migliorie nelle prestazioni del singolo però, questa scelta ha migliorato anche i risultati dell’intera squadra. Simeone infatti, nelle 4 volte in cui è entrato a partita in corso, è risultato decisivo ben 3 volte: prima con la fantastica proiezione personale col Torino negli ottavi di Coppa Italia, che ha portato al tap-in vincente di Chiesa; poi nei quarti, quando con una splendida doppietta ha definitivamente chiuso la pratica Roma; ed infine a Ferrara, dove con una nuova eccezionale cavalcata in solitaria ha messo in cassaforte il risultato.

Il motivo di questo exploit è facilmente analizzabile: Simeone entra in campo nel momento in cui le difese avversarie iniziano ad essere pesantemente affaticate, in questo modo lo strapotere fisico dell’attaccante argentino diventa esponenzialmente accentuato, e lo rende praticamente inarrestabile. Prima di questa nuova ‘strategia tattica’ messa in atto da Pioli, era difficile infatti vedere Simeone rendersi protagonista di grandi scorribande, mentre adesso sembrano far parte della quotidianità: vedi Torino e Ferrara.

Ora però la squadra Viola entra in un tour de force importante, e avrà bisogno di Simeone per più di qualche spezzone di partita: con l’Inter tornerà dal 1’?

Photo by @ Andrea Martini