Nell’identità di una squadra il suo destino. E’ parafrasando Eraclito che potremmo riassumere la condizione attuale della squadra di Pioli. Capire chi siamo per sapere dove possiamo arrivare. Per cosa lottare. Sui media nazionali l’aggettivo più inflazionato per la Fiorentina è “giovane”.

Ed è vero.La bellezza dell’entusiasmo, della passione, della fantasia, ma anche l’irruenza, l’emotività, la fatica di gestire i momenti difficili come quando in campo manca la brillantezza, lo smalto migliore e le doti che potrebbero portare giocatori come Muriel, Simeone e Chiesa a cambiare le partite. Una quadra di gioco che non convince fino in fondo ma che parte da certezze importanti su cui la Fiorentina può e deve contare.

In un pomeriggio di Marzo di 11 anni fa, la Fiorentina Prandelli scoprì di essere una squadra alla quale piegarsi a far strada non piaceva affatto. Un “Artemio Franchi” a mezzo servizio a causa dei lavori di installazione dei tornelli, ospitava la Roma di Luciano Spalletti, una squadra dove si univano fisicità, talento e un gioco totale bellissimo. Quella Roma si diceva giocasse a memoria e sapesse esaltare al massimo le doti di ogni singolo: su tutti Francesco Totti, che quella stagione arrivò a conquistare la Scarpa d’Oro.

Per Prandelli l’unico fuoriclasse della sua Fiorentina era il gruppo, un undici che non si era posto limiti e con coraggio aveva sfidato l’impossibile: risalire in zona Europa League partendo da -19 punti. Quindi disegnò una formazione tatticamente intelligente, con un centrocampo folto e capace di ripartire in velocità grazie al talento di Adrian Mutu, ben sapendo che a Luca Toni sarebbe stato francobollato Mexes, una marcatura difficile da eludere.

Ma quando le squadre sono ancora in fase di studio, accade l’imponderabile: al 36′ Paparesta estrae il rosso per Dainelli e la Fiorentina rimane in 10. Dentro Potenza e Blasi, fuori Jorgensen e Liverani. Meno idee e geometrie più sostanza, ma una missione che prima sembrava difficile adesso è impossibile. Così ci pensa Frey. Perchè la Roma ci prova, prima con il fraseggio, poi da fuori area. Non passa niente. Seba para tutto, schizza in aria come un gatto e dice di no. E così appare a tutti chiaro che la Fiorentina è meno forte, ha più debolezze ma la sua identità è quella di non arrendersi.Finisce 0-0. La Roma terminerà la stagione seconda, dietro l’Inter Campione d’Italia, mentre la Fiorentina, penalizzata di 16 punti acciufferà un’impresa importantissima.

Questa Fiorentina ha un coefficiente tecnico assolutamente maggiore di quella di un tempo dove però c’era il fuoco trascinatore di due fuoriclasse che si erano già affermati, Frey e Mutu. Ma è comunque composta di talento e di quella tempra mentale che forgia solo chi ha sofferto: adesso deve capire che può essere ambiziosa partendo da se stessa, lavorando sul campo ricercando concretezza, equilibrio, continuità e coraggio.

 

 

Photo by @AndreaMartini