Un uomo di sport. Dalla fine degli anni Sessanta Pasquale Presutti al rugby ha dedicato un tempo infinito e prezioso, inesauribili energie e quella potente passione che muove le idee e i muscoli al raggiungimento dei risultati. Un palmares importante prima da giocatore e poi da tecnico, una storia la sua fortemente legata alla città di Padova e alla sua squadra a cui nel 2011 ha riportato la vittoria di uno scudetto che mancava da molto tempo. Nel 2015 la chiamata da Firenze e un progetto che lo convito e coinvolto al 100%.

  • Prima stagione nel campionato di Eccellenza e alla fine del girone di andata, una conferma importante cioè che quello di Toscana Aeroporti I Medicei è un progetto con un’identità capace di tenere il confronto con la Top 12…

Il bilancio che faccio della prima parte di stagione è senz’altro positivo. Il campionato ha Club strutturati e di grande tradizione, occupiamo la nostra posizione di classifica con grande merito: tutto il gruppo è stato bravo a lavorare con umiltà e coltivare con dedizione la grande fiducia che già avevamo sulle nostre possibilità. L’obiettivo resta quello di migliorare sempre di più, crescere sotto il punto di vista del gioco per essere anche più continui nei risultati.

  • Nel 2015 il Suo arrivo a Firenze: quale è stata la molla che l’ha convinta a scegliere questo progetto sportivo?

I primi colloqui con il Presidente Lucibello sono stati subito positivi. L’obiettivo era ben chiaro, le basi per raggiungerlo non mancavano, c’era ovviamente da lavorare…una cosa che personalmente non mi ha mai preoccupato. Per ora siamo riusciti ad arrivare dove volevamo nei tempi che ci eravamo prefissati ma non ci accontentiamo. Vogliamo rimanere ambiziosi, dire la nostra in un campionato difficile dove niente va dato per scontato!

  • Un impegno di grande responsabilità ma sicuramente ricco di soddisfazioni è stato quello con la Nazionale Emergenti. La Federazione nel 2018 le ha affidato il ruolo di responsabile tecnico per la Nations Cup disputatasi in Uruguay lo scorso Giugno.

Un’ esperienza bellissima dove io ho semplicemente messo a disposizione la mia esperienza piuttosto lunga nel mondo del rugby. Con me ci sono stati professionisti bravissimi che hanno contribuito ad una spedizione Azzurra dove abbiamo avuto modo di osservare giovani rugbisti molto promettenti. Sapere che molti giocatori della Nazionale Emergenti poi hanno una possibilità in Nazionale Maggiore è una grande soddisfazione ma soprattutto è sinonimo di un lavoro che va nella giusta direzione.

  • E a proposito di esperienza, la Sua è assolutamente di grande peso. Una lunga carriera da giocatore e tante vittorie… è possibile scegliere quella più bella?

Gli scudetti a Padova sono stati un sogno che diventava realtà, il premio per tutto il lavoro, l’impegno e la passione che io e i miei compagni dedicavamo a questo sport. E poi, anche se si tratta di una sconfitta, porterò per sempre nel cure le emozioni che ho vissuto il 22 Ottobre 1977 a Padova, prima partita degli All Blacks in Italia.

  • Si dice che tra le tante differenze che ci sono tra il ruolo di giocatore e quello allenatore, una delle più importanti sia quello del “poter staccare”. Un giocatore dopo l’allenamento o dopo la partita può permettersi un po’ di tempo per pensare ad altro, un allenatore esce più difficilmente dal suo ruolo…

Sicuramente si: da giocatori vi è maggior individualismo, certo il rugby è uno sport di squadra ma è normale preoccuparsi prima del propria condizione, delle proprie sensazioni. Per un allenatore la squadra deve essere il centro di tutto. Negli anni il ruolo di tecnico è cambiato molto anche nella gestione stessa del gruppo: un tempo le rose erano composte da 20/21 giocatori e un allenatore, adesso si parla di gruppi con 35/40 giocatori più uno staff tecnico di 5 professionisti. Il modo di pensare all’organizzazione del lavoro e alla partita cambia radicalmente.

  • Che sensazioni ha provato ad affrontare e battere Padova, praticamente la sua storia, lo scorso Dicembre?

Vincere lo scudetto da allenatore a Padova dopo 24 anni e farlo in una finale vinta contro Rovigo mi ha emozionato tantissimo. Certo rivedere adesso molte persone che per me sono amici prima che colleghi mi ha fatto piacere però  dopo tanti anni ci si abitua e quando inizia la partita si dimentica tutto!

  • Tra pochissimo al via il Sei Nazioni: dopo i test match di autunno che Italia si aspetta?
    Mi aspetto un Sei Nazioni duro, dove l’Italia incontrerà avversarie difficili e pronte a non lasciare niente sul campo. Mi aspetto che anche la nostra Nazionale abbia quell’atteggiamento, vorrei che la speranza di alzare le proprie ambizioni si trasformi sul campo in convinzione e voglia: sarebbe una grande soddisfazione e una gioia importantissima per tutto il movimento. Forza Azzurri!

 

 

 

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