“Enrico Chiesa fu il giocatore che, dopo la partenza di Batistuta, seppe sostituirlo in fase realizzativa, almeno fino a quando non si infortunò. Un problema grave al ginocchio che condannò il giocatore a un lungo stop e la Fiorentina a sprofondare nel baratro della retrocessione e del fallimento….”

 

Lo shock di ricominciare. Di ripartire senza Serie A, senza grandi giocatori, senza un nome. Chiamarsi Florentia Viola è soltanto uno degli aspetti paradossali dell’onda d’urto che spazzò via la Fiorentina nell’estate del 2002, di quel fallimento che lasciò in ginocchio una tifoseria intera, pronta però a ribellarsi a quell’ingiustizia con la passione e con l’amore. C2, una serie che attualmente neppure più esiste, il campo base di una scalata difficilissima, un muro verticale che la Fiorentina era impreparata a percorrere. La rifondazione inizia da un sì, quello di Angelo Di Livio, che decide di rinunciare ad un finale di carriera in Serie A per sposare un progetto ancora più grande: riportare la Fiorentina in Serie A nel più breve tempo possibile.

Nell’attacco gigliato praticamente tutti sconosciuti o giovanissimi di belle speranze come i due diciannovenni Fabio Quagliarella e Alessandro Diamanti: il primo non fu mai realmente apprezzato dal tecnico viola Alberto Cavasin che gli concesse davvero poche occasioni, il secondo addirittura disputò soltanto 3 partite. C’è che la Fiorentina comunque segnò molto quell’anno grazie ad un attaccante che non pareva avere il palmares o il phisique du role del bomber. E infatti Christian Riganò non è stato soltanto un bomber per la storia della Fiorentina. E’ stato una certezza. Prelevato dal Taranto dove aveva segnato 41 gol in 64 partite, Riganò si presentò al Franchi con una doppietta al Castel di Sangro e chiuse il primo anno in viola con 30 reti in 32 presenze.

L’anno successivo la Fiorentina con il Catania viene ripescata per meriti sportivi in Serie B, categoria allargata a 24 squadre, una decisione che arriva praticamente in extremis e che concede al Club pochissimo tempo per riorganizzare una squadra all’altezza di una stagione così competitiva. Gli attaccanti in rosa sono Christian Riganò, Mattia Graffiedi, Zizis Vryzas e Andrea Soncin.: saprà il bomber di C confermarsi anche in una categoria dove fino a quel momento non aveva mai giocato? Decisamente si.

La Fiorentina parte male, è disorientata dal doppio salto di categoria, non è esperta abbastanza per gestire le dinamiche di un campionato così imprevedibile. Al termine di un complicato girone di andata arriva così l’esonero di Alberto Cavasin e l’arrivo di quello che sarà un altro uomo della provvidenza nella storia della Fiorentina. Se per Emiliano Mondonico la Fiorentina era stata fino a quel momento la squadra del cuore adesso era diventata la squadra da riportare in Serie A. Il punto di partenza non è esaltante, ci si rende subito contro che un allenatore dell’esperienza di Mondonico mai avrebbe scartato un giocatore come Quagliarella, però nonostante sia già la 27° giornata Il Mondo vede la luce.

La Fiorentina di Mondonico ha un’obiettivo, il sesto posto, ossia l’ultima posizione utile per sperare nella promozione in Serie A: Riganò è ancora decisivo con le sue 23 reti in 44 presenze, tante ma non quante avrebbe voluto, perchè nella partita contro il Torino vinta dalla Fiorentina 1-0, l’attaccante si infortuna ai flessori. Salterà lo spareggio contro il Perugia. Sembra un incubo, sicuramente è una missione impossibile: la Fiorentina già inferiore al Perugia privata della sua carta vincente. I 180 minuti contro la squadra di Cosmi sono il regalo di Mondonico a Firenze e a sé stesso: l’intuizione inedita di Fantini e la costruzione di una rete tattica perfetta. Queste le carte del tecnico per limitare in tutto e per tutto il Perugia che farà tremare i viola soltanto gli ultimi 10 minuti della gara di ritorno, dopo il pareggio all’82 di Do Prado e con la Fiorentina ridotta in 10. La Serie A è finalmente una nuova storia da scrivere…

 

 

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