German Pezzella porta al braccio la fascia di Capitano da questa stagione, da quel Fiorentina – Chievo Verona in cui a fine gara il suo primo pensiero fu quello di togliersela per andare a mostrarla sotto la Curva Fiesole, ai suoi tifosi. Ecco, quella l’unica occasione in cui sarebbe stato disposto a separarsi dalla fascia: pochi giorni più tardi quando la Lega Calcio ufficializzò la decisione di adottare un unico simbolo di riconoscimento per i Capitani delle squadre che quindi non avrebbero più potuto personalizzare la fascia, Pezzella ribadì con una certa fermezza che la fascia di Davide Astori lui non l’avrebbe mai cambiata. E così la domenica successiva a fine partita, scavalcati i cartelloni pubblicitari tra i campo e la Curva, alzò ancora più in alto il simbolo di quella Fiorentina che non dimentica e non si piega. Se mi chiedessero nel concreto “che cosa fa un Capitano” penso che la risposta sia negli ultimi 10 minuti di Sassuolo – Fiorentina: Pezzella non è stato semplicemente l’ultimo ad arrendersi ma è stato quello che ha mantenuto maggior lucidità, uno stato d’animo che alla Fiorentina mancava. Sul 3-1 nei suoi occhi si è visto tutto lo sconforto di quel momento: una squadra già in discussione alla seconda sconfitta consecutiva, questa volta per altro in una gara che era da vincere, un allenatore per il quale si sarebbe palesata l’ipotesi dell’esonero e un futuro tutto da scrivere che però appariva nero pericolosamente anzitempo. Si doveva fare qualcosa e Pezzella ha fatto la cosa giusta: ha continuato a giocare a calcio, convincendo i suoi che non era finita.

Nato calcisticamente nel River Plate, club che come tutti i calciatori con cui condivide le origini, porta nel cuore, Pezzella già al Betis ha fatto vedere qualità importanti e quando la Fiorentina è riuscita ad assicurarselo nel mercato dell’estate 2017 è stato forse il colpo che ha generato più soddisfazione soprattutto perché il giocatore è apparso prontissimo fin dalle prime battute del campionato.
Difensore, destro con grande senso della posizione, piuttosto elegante e dalla forte personalità: i suoi anticipi anche domenica scorsa hanno salvato la Fiorentina soprattutto nel secondo tempo, quando l’Empoli ha aumentato la presenza di in area in area di rigore, alla ricerca del pareggio.
Alessio Romagnoli è arrivato al Milan nel 2015 per una cifra molto più importante rispetto a Pezzella ma a differenza dell’argentino da quelle che sono le sue origini calcistiche lui è stato costretto a distaccarsi, almeno a parole: dopo un’ottima stagione alla Sampdoria dove era arrivato in prestito dalla Roma, fu ceduto al Milan dal club di Pallotta per circa 30 milioni di euro: i tifosi giallorossi non la presero bene sia perché la Roma in quel momento aveva effettivamente bisogno di un difensore di quelle qualità sia perché avendolo visto crescere nella primavera di De Rossi ed esordire addirittura in prima squadra si aspettavano da lui un anno della consacrazione proprio con la maglia giallorossa. Sui muri di Anzio apparvero scritte piuttosto pesanti e da quel momento Romagnoli si è come estraniato da quel passato così importante.

Arrivato a Milano con una delle etichetta più pesanti che potevano essergli affibbiate ossia quella del “nuovo Maldini”, Romagnoli ha sempre lavorato molto in anni non semplici per i rossoneri: come tutti i giovani di grandi speranze, costati cifre importanti si è preso spesso delle colpe che potevano essere divise con i compagni di reparto, ha vissuto le assurde montagne russe che hanno caratterizzato gli ultimi anni del Milan, un passaggio di proprietà dietro l’altro e soprattutto un valzer di panchine che avrebbe destabilizzato chiunque. Un basso profilo che ha mantenuto anche la scorsa stagione quando l’arrivo di Bonucci gli aveva di fatto tolto il ruolo di leader della retroguardia e aveva spinto Montella ad uno schieramento difensivo a lui stesso non molto congeniale. Sinistro naturale è stato impiegato anche nel ruolo di terzino e grazie alla sua fisicità non disdegna neppure qualche incursione in area avversaria, risultando per altro determinante in ben due occasioni quest’anno, quando ha segnato in pieno recupero.
Infortunato dallo scorso novembre quando una banale contrattura si rivelò invece una lesione della giunzione miotendinea del gemello mediale del polpaccio sinistro è tornato tra i convocati dalla gara contro il Bologna dopo essersi allenato in gruppo dalla metà della scorsa settimana. Un ritorno che farà tirare un sospiro di sollievo a Gennaro Gattuso che nelle ultime settimane ha visto inesorabilmente allungarsi la lista dei giocatori bloccati in infermeria: il rientro da titolare contro la Fiorentina ancora non è certo ma sicuramente con Romagnoli il Milan è più forte.

 

 

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